di Goffredo Palmerini
Le opere del pittore abruzzese alla
Gran Guardia, dal 18 dicembre 2014 al 27 gennaio 2015
PADOVA – All’angolo della via che
da Piazza dei Signori conduce al Duomo, in passato punto di
confluenza del più importante sistema viario e vero cuore della
città, sorge il quattrocentesco Palazzo della Gran Guardia, così
chiamato da quando ospitò il comando militare durante la dominazione
austriaca. Custodisce la Loggia dove il Maggior Consiglio della città
teneva le riunioni, dopo l’incendio del Salone avvenuto nel 1420.
L’elegante edificio rinascimentale fu progettato da Annibale Maggi
da Bassano, ultimo esponente d’uno stile architettonico ancora
quattrocentesco, nei ritmi e nelle decorazioni, che a Padova aveva
dominato alla fine del XV secolo. La Loggia, per l’armonia delle
proporzioni e la sobria eleganza, è la più classica
rappresentazione del nuovo Rinascimento, vero capolavoro
dell’architettura locale nella transizione tra il Quattrocento e
Cinquecento. Nel 1496 il Maggi ne seguì i lavori, che poi
procedettero lentamente, interrotti da lunghe pause. Sospensioni
dovute sia a problemi economici che agli eventi bellici del 1509, con
l’assedio della città durante le tragiche giornate della guerra di
Cambrai. I lavori ripresero nel 1516 sotto la direzione del ferrarese
Biagio del Bigio e in seguito, nel 1530, da Giovanni Maria Falconetto
che, oltre alla realizzazione della Torre dell’Orologio, intervenne
nell’opera di rinnovamento dello stile architettonico della Piazza
dei Signori. Un’ampia gradinata conduce alla Loggia e, al piano
superiore, alla grande Sala dove sedeva il Maggior Consiglio, ornata
da un soffitto a lacunari e da una serie di affreschi sulle pareti
longitudinali, infine da una tela nella parete dove addossavano gli
scranni. La Loggia del Consiglio, dal 1866, fa parte del patrimonio
civico patavino ed è stato destinata dal Comune ad iniziative
artistiche e culturali, diventando simbolo della città culturale.
Nel magnificente contesto
architettonico del Palazzo della Gran Guardia, nella Sala al primo
piano della Loggia, è stata allestita la Mostra antologica “Una
vita per la pittura” dell’artista abruzzese Gigino Falconi,
promossa ed organizzata dal Sodalizio Abruzzese e Molisano del Veneto
in collaborazione con la Municipalità di Padova, con il patrocinio
delle Regioni Abruzzo, Veneto e Molise. L’esposizione, curata da
Giuseppe Bacci, è stata inaugurata il 18 dicembre scorso
dall’Assessore alla Cultura del Comune di Padova, Flavio
Rodeghiero, e dall’assessore alle Politiche della Sicurezza, sen.
Maurizio Saia, con il presidente del Sodalizio Abruzzese e Molisano
del Veneto, Armando Traini, presenti l’artista Gigino Falconi,
numerose Autorità cittadine e un folto pubblico, con una vasta
rappresentanza della comunità abruzzese e molisana residente a
Padova e nella regione. L’assessore Rodeghiero, esprimendo la
gratitudine della Municipalità per la rilevanza culturale
dell’iniziativa, ha manifestato all’artista l’apprezzamento per
la bellezza delle opere in esposizione e la qualità della sua
produzione artistica. D’altronde la mostra rende un articolato
ventaglio antologico dei diversi periodi della produzione artistica
di Gigino Falconi, pittore abruzzese tra i grandi dell’arte
contemporanea italiana, come peraltro ben documenta il catalogo
curato da Giuseppe Bacci, esauriente monografia di 168 pagine
pubblicata da Edizioni Staurós, contenente, oltre la documentazione
a colori delle opere esposte, saggi di vari autori, tra i quali Carlo
Bo, Mario Luzi, Carlo Chenis, Enzo Fabiani, Rossana Bossaglia, Sandro
Parmiggiani, Giuseppe Bacci e Marina Ciangoli.
“Con viva soddisfazione assistiamo al
felice e atteso ritorno a Padova del pittore Gigino Falconi - ha
dichiarato Armando Traini nel suo intervento all’inaugurazione
della mostra - e ne esprimo la soddisfazione a nome del Sodalizio
Abruzzese e Molisano del Veneto, che quest’anno compie 35 anni di
attività. L’attuale esposizione antologica ripropone la
produzione dell’artista in chiave più generale e completa con un
insieme di opere, in cui l’interpretazione simbolica si sviluppa
storicamente in più maniere pittoriche, nelle quali la mano
dell’artista è passata da forme di carattere sostanzialmente
impressionistico ad altre progressivamente più definite e più
analitiche, il cui tema è proposto alla visione dello spettatore
quasi sempre su due piani di lavoro. Quello in primo piano è
costituito da figure maschili e femminili spesso nude, che si
accampano con lo scopo di attirare l’attenzione di chi osserva e
con un significato emblematico di chiaro rilievo plastico e luminoso.
Un secondo piano compositivo è costituito da uno sfondo, di
carattere naturalistico o montano, con rocce scoscese e
dettagliatamente delineate con forti chiaroscuri, o marino,
soprattutto ampi bacini portuali con la presenza di una o di più
imbarcazioni, definite nei minimi particolari. Si tratta di quadri
che sembrano uscire da una visione, da un sogno. Sono come uno
stimolo potente a esaminare, e a comprenderne il senso, le immagini
che esistono dietro una realtà apparente. Il tutto fa risultare un
insieme di tratti pittorici affascinanti, che quasi impongono
all’osservatore di concentrare la sua attenzione sui due elementi
compositivi citati per riunirli nel loro rapporto intimo, da cui
scaturiscono la peculiarità e la bellezza dello stile dell’autore
in modo evidente e significativo e su cui costruisce la sapiente
presenza della luce, variamente distribuita, che, in modo sfumato o
netto, avvolge la scena e le dà un senso di valore decisamente
attraente. Sono vicende umane, sono sentimenti, sono illusioni, sono
passioni, sono un sogno, che ritorna nel reale. Sono davvero grato -
ha concluso il presidente Traini - sia all’artista per la sua
disponibilità, sia al Comune di Padova per aver accolto la proposta
di ospitare questo rilevante evento espositivo”.
L’esposizione ha avuto sin dal giorno
del vernissage un forte interesse, con numerosissimi visitatori.
Altrettanto se ne attende fino al 27 gennaio 2015, giorno della
chiusura della mostra, che già tuttavia è segnata da un successo
significativo e da lusinghieri apprezzamenti, come risulta dalle
testimonianze rese dai visitatori sul registro delle presenze. La
mostra, d’altronde, prosegue il percorso celebrativo degli oltre
sessant’anni di attività pittorica del Maestro. Un percorso che,
avviato nel marzo 2013 ad Atlanta, negli Stati Uniti, con una mostra
personale inaugurata nel giorno genetliaco dell’artista, è
proseguito poi in Abruzzo con la grande antologica esposta al Museo
d’Arte Moderna “Vittoria Colonna” di Pescara, presentata da
Vittorio Sgarbi e da Giuseppe Bacci, per confermarsi con
l’inaugurazione dello spazio a lui dedicato all’interno del Museo
Civico pescarese dove sono state collocate, permanentemente, alcune
opere donate da Gigino Falconi. L’antologica “Una vita per la
pittura” è scandita in sette percorsi temporali che delineano
l’intero itinerario artistico del pittore, iniziato nei primi anni
Cinquanta, con le opere che lo hanno reso protagonista della pittura
figurativa. È un itinerario artistico-introspettivo segnato dalla
ricerca di quel realismo magico che ha la capacità di affascinare e
di sedurre chiunque si soffermi davanti alle sue opere. Queste le
sette tappe del percorso pittorico di Gigino Falconi, in parte
proposto nella mostra allestita a Padova ed esaustivamente trattato
in catalogo: I. Anni Cinquanta: dall’esordio con un universo
figurativo alla poetica informale; II. Anni Sessanta: dalla ricerca
sulla surrealtà all’espressionismo; III. Anni Settanta: dalla
surrealtà del presente allo straniamento; IV. Anni Ottanta: dalla
poetica del mistero alla sospensione e attesa; V. Anni Novanta:
adesione al religioso: dalle luci delle forme allo stupore del sacro;
VI. Anni Duemila: opere di compartecipazione: dalla lucentezza della
natura alle ossessioni dell’universo femminile; VII. Anni Dieci del
nuovo millennio: dall’oblio della condizione umana alla luce dei
riscattati e al fascino del paesaggio.
La fruizione, quindi, non si riduce
allo sguardo emozionale di opere accattivate dalla critica. Si
espande, invece, in uno sguardo che va oltre, poiché nel contesto
espositivo Gigino Falconi ha assunto il compito d’indicare la
bellezza universale, sulla cui pittura raffinata e colta Carlo Chenis
così ha tra l’altro scritto: «L’arte di Gigino Falconi si
consolida in forme temperate e assolute, cagionando estasi
nostalgiche, romantici pensamenti, melanconie amorose. Quanto in
icona è elegante e seducente, così da indurre all’epifania
ontologica, sia nell’armonia cosmica, sia negli stati esistenziali.
Quanto in icona diventa meta-figurazione carica di ridondanze
simboliche e di tensioni amorose, così da produrre felicità meste,
sia nella rivisitazione onirica della realtà, sia nell’ipostasi
reale dell’immaginazione. Si tratta di pittura metafisica narrata
con fascino erotizzante. Risulta, però, distante dalle presunte
poetiche che contrassegnarono i “metafisici” per antonomasia,
quali De Chirico, Savinio, Carrà, unitamente ad altri coevi ed
epigoni. Si tratta, infatti, di una metafisica che si volge
all’esistenziale sublimandolo, non di una metafisica che si chiude
nell’essenziale assolutizzandolo». Nei contributi riportati in
catalogo s’evince assai nitidamente la personalità artistica di
Gigino Falconi, l’evoluzione del suo stile. Ma trovo davvero
illuminante il saggio critico di Giuseppe Bacci, dal quale, per
necessità di sintesi, traggo solo un lacerto che tuttavia è assai
adatto ad illustrare la cifra pittorica di Falconi.
« […] Nelle opere di Falconi -
scrive Giuseppe Bacci - s’instaura un regime dialettico di
indefinito e infinito, di alienazione ed estasi, di annichilimento e
pienezza: da una parte, un viaggio condiviso; dall’altra, una
solitudine angosciosa, dove il vuoto psicologico è proiettato
all’esterno per trovarvi una compensazione. Falconi seduce i
fruitori raccogliendone l’affanno esistenziale che trova riscatto
nella bellezza artistica e poetica, spesso ricercando paesaggi e
scenari con fiumi e montagne rocciose non contaminate dalla presenza
umana. La natura è adottata quale primo codice simbolico: essa va
dunque colta nella sua energia vitale e studiata nelle sue cifre
enigmatiche, al fine di indicare il mistero insondabile che la
sostiene. Lo spazio architettonico diviene metafisico come la stessa
luce; a volte se ne percepisce persino il suono, la musica: ciò sta
ad indicarci che tutti gli elementi dell’opera di Falconi si
fondono in un’unica sonorità perché pensati organicamente e
coralmente. Questa esigenza non impone un modello unico; anzi,
propone che ogni singolo dettaglio raggiunga la sua unicità,
armonicità, essenza in analogia ad un’opera d’arte che per sua
natura è originaria e irripetibile. Quello di Falconi è un genere
di rappresentazione caratteristico dei surrealisti che dipingevano
scene riferite al mondo subconscio dei sogni. Gli oggetti della vita
quotidiana vengono raffigurati con fotografica precisione, ma la loro
combinazione non corrisponde ai dettami della logica. Di fronte a
paesaggi marini, montani o lacustri l’artista colloca, lungo
l’ambiguo confine tra sensualità e purezza della forma, figure di
giovani donne perlopiù nude che evocano arcani misteri, operando un
distacco dalla realtà attraverso un gioco irreale di luci. L’intento
è provocare uno scollamento tra contenuto e contenitore, tra oggetto
e nome che lo designa, tale da indurre chi guarda a ritrovare la vera
sostanza delle cose: sostanza che nella ferialità della vita non
riusciamo a cogliere e quindi ci sfugge. Le solitarie distese di
acqua o montagne rendono il paesaggio ora malinconico ora
inquietante, quasi a ribadire come l’uomo soggiaccia alla
supremazia della natura. Natura che altre volte, rischiarata da
freschi toni pastello, è pervasa da un’atmosfera serena,
rassicurante. Non mancano, poi, rappresentazioni di tranquilli
interni con colori sommessi, in cui il Maestro colloca degli oggetti
la cui funzione è quella di catturare l’attenzione dello
spettatore per guidarlo e condurlo all’interno della stanza. Nel
suo realismo disincantato, le figure rimangono anonime e distaccate,
come se il pittore volesse sottolineare l’isolamento tra uomo e
uomo, al di là della vicinanza fisica. Nei suoi lavori trapelano la
solitudine, la mediocrità e la banalità del vivere quotidiano, ma
anche l’inattesa bellezza del mondo di tutti i giorni […]».
Non sembri temeraria - se non pure
fuori luogo -, a fronte di critici prestigiosi che hanno tratteggiato
con dovizia d’argomentazioni l’arte di Gigino Falconi, questa mia
annotazione sulle opere dell’Artista, che ho ammirato in alcune sue
mostre e particolarmente nel 2007 a L’Aquila, al Castello
Cinquecentesco. Le sue tele accendono emozioni potenti, immediate.
Chi guarda la pittura di Falconi è trasportato in una specie di
sospensione cosmica, dove la bellezza di corpi e contesti evocano
richiami ancestrali e la luce, la straordinaria bianca luce che
imperla i chiaroscuri dominanti sulla tenuità delle altre cromie,
trascende nel sogno. E’ un accompagnamento visionario dove ciascuno
pare ritrovare parte di se stesso, la fatica della propria essenza.
Ma anche lo slancio d’una dimensione spirituale. In fondo, per
quanto il nero con le sue graduazioni possa apparire la negazione
della pittura, per antonomasia è trionfo del colore, nelle opere di
Falconi sembra invece essere funzionale ad accendere ancor più la
luce, splendente del suo biancore, quasi a dichiarare una transizione
escatologica dell’umanità. Un contrasto, tra armonie e lontananze
delle forme, che specchia la diversità di valori, tra la vacuità
del quotidiano e la solidità della trascendenza. In definitiva,
queste emozioni e queste richiami profondi hanno sempre generato in
chi scrive le opere di Falconi, dove la bellezza delle forme e la
raffinatezza del tratto pittorico sostanziano una dimensione che
rifugge dall’effimero e dalla caducità.
Si può dunque essere grati al
Sodalizio Abruzzese e Molisano del Veneto, e al suo presidente
Armando Traini, d’aver promosso un così rilevante evento culturale
a Padova con la Mostra d’uno degli artisti della terra d’Abruzzo
più sensibili, geniali ed affermati nel mondo. Un artista, Gigino
Falconi, che nella riservatezza del carattere e nella sobrietà delle
abitudini perfettamente incarna i valori autentici della propria
terra e della gente d’Abruzzo. Una terra, e una gente, che nella
sua storia spesso ha dato, nelle sue più varie espressioni -
letterarie, artistiche, culturali, spirituali - il senso
dell’universalità. Il Sodalizio, nato il 1° aprile 1979, ha
dunque festeggiato alla grande il suo 35° anniversario. Innumerevoli
le iniziative, i concerti, le mostre, gli incontri culturali che il
Sodalizio, iscritto all’Albo delle istituzioni culturali patavine,
realizza ogni anno unitamente ai tre appuntamenti che sono tradizione
dell’associazione, come la Festa di Primavera, in marzo, la Festa
degli Auguri, in dicembre, e la Festa ludica di S. Antonio Abate, in
gennaio, con le specialità gastronomiche abruzzesi. Oltre 300 gli
aderenti al Sodalizio Abruzzese e Molisano del Veneto che, di volta
in volta, partecipano alle varie manifestazioni promosse
dall’associazione. Ne è prova l’organizzazione e la perfetta
realizzazione di questa imponente mostra antologica di Gigino
Falconi, per la quale lusinghieri apprezzamenti sono giunti dalle
istituzioni e dall’intera città di Padova.
Gigino Falconi (Giulianova, 1933)
inizia a dipingere a sedici anni. Nel 1952 si diploma in ragioneria e
due anni dopo ottiene la maturità presso il Liceo Artistico di
Pescara. Lavora insegnando disegno presso la scuola media della sua
città, e affina la tecnica copiando un migliaio di dipinti e
disegni, arrivando così a conoscere i segreti tecnico-coloristici
dei grandi Maestri di ogni secolo. Comincia ad esporre nelle
principali manifestazioni artistiche che trovano luogo in Abruzzo, e
nel 1961 inaugura la sua prima mostra personale alla galleria "Il
Polittico" di Teramo. Nel 1975 abbandona l'insegnamento per
dedicarsi completamente alla pittura. Il suo metodo di lavoro si
sviluppa nel corso degli anni per cicli pittorici che, esposti nelle
più prestigiose gallerie italiane, fra cui la Giulia a Roma, la
Forni a Bologna, la Appiani Arte Trentadue a Milano e la Davigo a
Torino, suscitano l'interesse di autorevoli critici d'arte e della
stampa. Contemporaneamente tiene mostre personali a Francoforte,
Colonia, Dusseldorf, Parigi, New York, Toronto, Hamilton, Tokio, San
Paolo, Atlanta, e partecipa a numerose rilevanti rassegne in Italia
ed all'estero. Le pubblicazioni monografiche sul ciclo pittorico
dedicato a D’Annunzio e sul ciclo Ossessioni sono presentate da
Vittorio Sgarbi, come pure l’antologica al Museo “Vittoria
Colonna” di Pescara per gli 80 anni dell’artista. Falconi
realizza, oltre ai dipinti, numerose opere grafiche ed illustra
diversi volumi di amici poeti, tra cui Leonard Cohen, Enzo Fabiani,
Giuseppe Rosato, Alberico Sala e Benito Sablone. Vive e lavora tra
Montone, in provincia di Teramo, e Roma. Lavora in esclusiva per la
Galleria d’Arte Cinquantasei di Bologna, che propone le sue opere
nelle più importanti fiere e in prestigiose gallerie italiane.
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