King. Il sapore del Male che non muore.

Una fatica allucinante per ballare con una vecchietta ottantenne. Che per giunta non si ricorda chi sei. Così si potrebbe sintetizzare l’ultima fatica del Nostro, il grande, l’osannato maestro dell’orrore contemporaneo, che ha superato felicemente i 400 milioni di copie vendute nel mondo e si appresta a festeggiare il suo 65° compleanno.



fonte Abruzzo press

E bravo Steve, che anche stavolta sei riuscito a tenerci incollati a un numero mostruoso di pagine con la tua sapiente maestria del suspense, grazie al vecchio giochetto dei paradossi temporali.

Il tema è ben noto: l’intrepido Jason Epping, insegnante d’inglese e apprendista scrittore (quanti scrittori nei romanzi di King!), ha l’occasione di infilarsi in una crepa temporale e fare la spola tra l’oggi e un certo giorno del 1958. La tentazione di modificare il passato è grande e non se la lascia sfuggire. “Puoi cambiare la storia, lo capisci? John Kennedy può salvarsi!” (p. 53). Spinto dal vecchio Al Templeton, va a vivere nel Texas per i quattro anni che lo separano dal fatidico giorno della visita a Dallas. La domanda è: se Lee Oswald non avesse sparato, il futuro degli States sarebbe stato migliore?
Certamente diverso. La risposta di King è apocalittica. Né poteva essere altrimenti, considerata la sua predilezione per l’orrore. E proprio per questo ci saremmo aspettati un maggiore approfondimento nella descrizione di un futuro distopico, dove l’Autore avrebbe avuto modo di dispiegare la fantasia.

Si dice che i romanzi di King siano tutti autoconclusivi e che l’autore rifugga dalla serialità, vista come sospetto avvicinamento alla letteratura di genere (settore dal quale King ha espresso da tempo l’intenzione di affrancarsi). Eppure non riesce a liberarsi da certe contaminazioni, da quel sottile e insinuante filo rosso che lega assieme i suoi titoli e li riconduce a una comune matrice: quasi una serialità inespressa che resta sullo sfondo e sprigiona un sapore acre e inconfondibile.

Il sapore del Male che non muore. Sono i luoghi maledetti, quelli in cui il Male alberga e che non è facile “ripulire”, neppure sconfiggendo e cancellando le creature infernali. Così Derry, cittadina nefasta per eccellenza, già teatro di quell’indimenticabile messinscena degli orrori infantili che è stato, ritorna anche qui – romanzo nel ro-manzo – a illustrare la follia omicida di Frankie Dunning. Uno dei tanti eventi che il ritorno al passato “potrebbe” evitare. Il guaio è che ogni volta che Epping salta nella buca del coniglio, ovvero s’insinua nella finestra temporale, tutte le modifiche apportate si cancellano. Come se vi fosse un “presente” più vero, di livello superiore, e un’infinità di varianti possibili di essere realizzate o rifiutate. Scarti temporali, mondi del se, che hanno una vita effimera, pronti ad essere spazzati via dal semplice gesto di un intruso.
Così, ogni volta che il professor Epping “passa” attraverso lo spazio-tempo, è costretto a compiere gli stessi atti, le stesse azioni, se vuole ristabilire lo status quo ante, altrimenti il suo intervento sarà stato inutile. Le persone che ha salvato moriranno comunque, e così via.
Il che indebolisce, francamente, l’impianto ambizioso di questo romanzo, la cui logica – su cui si fonda il patto implicito col lettore, la “sospensione dell’incredulità”, zoppica un po’ e apre larghi squarci di perplessità, non sempre rimpiazzati dal collaudato mestiere dell’autore. Come sempre bravissimo a rappresentare l’interiorità dei suoi personaggi con una dovizia di particolari.
Chi legge è portato a fantasticare su cosa potrebbe fare, se davvero gli si aprisse, nel sottoscala o in un anglo buio della cantina, quella stessa falla spazio-temporale. L’ultima cosa (c’è da scommetterci) sarebbe proprio quella di cercare di fermare la mano omicida di Lee Oswald, anche perché il presente non vuole essere cambiato. E poi, di fronte alla scelta del professor Epping di rimettere tutto a posto, come era prima, non si aprirebbe un problema morale? Dopo aver fatto tanto per salvare Kennedy in quel 22 novembre del 1963, tornare indietro non è l’equivalente di un omicidio?
Modificare il passato è sempre pericoloso, almeno in questa parte dell’universo. Meglio astenersi.
Certo, delude la vanità di un’operazione del genere, presentata – agli occhi affascinati dallo speranzoso lettore – come l’opportunità, almeno virtuale, di cambiare il mondo e offerta, nel caso, a un uomo della strada. Un uomo in cui potersi riconoscere facilmente, per il quale si trema e si parteggia, finendo per conoscerlo come uno di famiglia, ma che poi è costretto ad accontentarsi di un risultato modesto.
E infine: che ne è stato di Tullio Dobner, il traduttore storico di King,? Si dev’essere stancato e ha lasciato il posto a Wu Ming 1, che poi non è così “senza nome” come vorrebbe far credere, essendo lo pseudonimo dietro cui si nasconde Roberto Bui. Fatica improba, ragazzi. Ne valeva la pena, per fare quattro salti con una vecchietta e lasciare il povero Kennedy al suo infelice destino?

Commenti

Anonimo ha detto…
Cani , gatti , criceti , pesci, pappagalli - Who do you prefer ? O forse quello che i non - nativi animali - serpenti , coccodrilli, lucertole , scimmie ?