di Enrico Gambarotta - 

ESSERE O NON ESSERE - L'amletico dubbio, “to be or not to be”, di Shakespeariana memoria, andrebbe risolto in senso positivo. E perché no? Altrimenti, saremmo rinunciatari con il carico delle negatività che la rinuncia comporta.


Comm. Enrico Gambacorta, socio LA Ves, collaboratore del Giornale di Montesilvano, è stato alto funzionario presso le Ambasciate d'Italia a Caracas, a Ginevra, a Parigi ed a Pechino. Esperto, iscritto all'albo, di arte e civiltà cinese ha scritto: "Introduzione all'arte e civiltà cinese". Attualmente, si occupa di problemi esistenziali. "Preferisco dire di me solo e tutto quello che corrisponden alla verità. Il mio concetto di umiltà si identifica con la verità"


Questa esperienza di vita, non subìta, può e deve essere vissuta. Dipende da noi per un 75% circa. Cominciamo con ordine e con i presupposti fondamentali.

Una persona è strutturata da una parte fisica e una parte non fisica. Dal combinato connubio di queste due parti risulta l'Essere, cioè la persona identificata con un nome. Possiamo parlare del contenitore, con riferimento al fisico, e del contenuto, con riferimento a ciò che fisico non è. Cosa fare per essere, tenendo conto di ambo le componenti?

1)- Nutrire e mantenere bene il corpo. Al corpo, nel quale alberga l'Essere, va riservata la massima attenzione affinché la sua funzionalità sia sempre efficiente. Abituarsi a sentire i suoi bisogni: il nutrimento, il sonno, il riposo, gli svaghi, ecc. E non solo. C'è altro che non siamo abituati a sentire, a percepire. Diceva, già dal II secolo d.C., Galeno di Pergamo: la natura guarisce i due terzi delle malattie. Ricordare anche la massima della Scuola Salernitana “mens sana in corpore sano”.


2)- Nutrire e sviluppare, al massimo possibile, il cervello. Poiché si nasce con il cervello a “tabula rasa”, come si suol dire. Cercare di acquisire più cognizioni possibili in modo da arricchire il suo bagaglio di conoscenza. La conoscenza non ha limiti. Ma purtroppo ed a mio avviso, il cervello non è dotato di una intelligenza pura (ma, direi, handicappata) e, quindi, apprende con difficoltà e tramite continui sforzi. In ogni caso, il cervello, con le sue sinapsi, deve essere tenuto sempre in esercizio ed in attività.


3)- Cercare di conoscersi. La conoscenza è la base di qualsiasi tipo di lavoro, sia esso manuale o intellettuale. Potremmo scoprire aspetti di noi stessi di un certo interesse. Qualche nostro limite o pregiudizio che sarebbe opportuno superare.


4)- Tener presente il diritto/dovere di essere egoista. L'egoista non va confuso con lo sfruttatore. Essere egoista vuol dire voler bene anche agli altri. L'egoista è colui che avendo qualcosa, di materiale e/o di spirituale, ha la possibilità di dare anche agli altri. Poiché, “Nemo dat quod non habet”.


5)- Stabiliamo, ragionando e riflettendo, cos'è il sommo bene per noi. Cosa ci piace ed è più importante per noi. Cosa ci renderà felici di vivere? Forse, una persona sarà felice di vivere quando avrà realizzato i propri desideri che, per ognuno, vorrà dire essere.


6)- A tal effetto elaboriamo la strategia migliore, in relazione ai nostri mezzi. Elaboriamo degli obiettivi e ordiniamoli in ordine di priorità.

Esempio. Si porrà il problema di valutare se per noi è più importante il contenitore, cioè il corpo o l'Essere cioè il contenuto. Vale la pena riservare più attenzione all'aspetto fisico o a quello interiore? Si preferisce “corporizzare” il nostro Essere cioè l'importanza che si dà al corpo è tale da volerlo confonderlo con il nostro Essere? O il contrario? Cioè dare più importanza al contenuto? E' una scelta, “ad libitum”. In ogni caso, mi piace ricordare che, a proposito della bellezza, Estée Lauder, a ragione, diceva: “la bellezza è un modo di essere”. Ma, comunque, è e deve rimanere importante collocare ogni cosa al posto suo.
A questo punto entra in gioco la torre di controllo (il cervello) dove risiede la cabina di regia. Essa dovrebbe gestire il tutto. La realizzazione di quanto stabilito cercando di raggiungere gli obiettivi eliminando le scorie cioè tutte quelle cose che, quotidianamente, dànno fastidio oltre a rubare del tempo prezioso.
“Il perder tempo a chi più sa più spiace” , diceva Dante. Tenere sotto controllo le reazioni istintive. Una persona impulsiva non controllata è come un pazzo in libera uscita. Poiché e purtroppo, l'uomo dispone, a differenza degli animali, del libero arbitrio che prevede oltre al bene anche il male. E perdere la bussola può essere pericoloso.

E le emozioni? E gli affetti? Andrebbero filtrati dalla cabina di regia. Sarebbe la maniera migliore per goderne ed in modo immenso. La cabina di regia dovrebbe sovraintendere e coordinare tutto l'Essere che è in noi. Un comando dinamico e giornaliero che tende a quell'impero di cui parlavano i Romani: “Imperare sibi maximum imperium est”.

Una regia che cerca di minimizzare il disagio e massimizzare il benessere. Così operando andremmo verso l'integrazione con il Creato associandoci, con il ritmo delle umane cose, alla sinfonia di Madre Natura.

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