di Lino Manocchia
New York, 20.01.2012 - LUISA LUCIANI, ovvero la storia di un “cervello” italiano lanciato a sconfiggere la leucemia. E’ “l’avventura” spirituale, fisica e materiale di una trentenne, nata a Pescara da genitori che, pur laureati, hanno preferito aver cura di una splendida campagna, alla periferia della citta’ adriatica, piuttosto che inseguire le varie cattedre sparse nello stivale. Diplomata con il massimo dei voti allo scientifico Galilei di Pescara e laureata con lode all’Universita’ di Bologna, Luisa Luciani e’ bella, affabile, intelligente, allergica alle pose, all’enfasi, ha talento e carisma tanto che un importante ematologo del mitico Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, l’ha subito invitata a trasferirsi nella Grande Mela per far parte del reparto ricerche onde continuare, con i colleghi, a lottare contro il cancro.
Pensate! Pescara-New York salto iperbolico, sfiorando l’Atlantico, per la giovane laureata in Biotecnologie, compiuto con spirito sereno, tanta volonta’ e decisione.
Son trascorsi 365 giorni dal suo arrivo e Luisa offre l’impressione di una ragazza americana a cui la lingua non mette sgambetti, come molto spesso accade. Parlando con Luisa, la nostra prima domanda, dettata un po’ dalla curiosita, e’ caduta subito sul nemico di milioni di persone: il cancro.
Conferma che la Neoplasia e’ la proliferazione anomala e incontrollata di cellule in un tessuto o in un organo del corpo che risulta nella formazione di masse (piu’ o meno) distinte dalla zona in cui ha origine, e che il termine neoplasia e’ usato come sinonimo di tumore?
«Si, possiamo utilizzare il termine neoplasia come sinonimo di cancro o tumore. Quando si trovano delle masse tumorali in siti del corpo diversi da quello in cui la massa si è originata, allora parliamo di metastasi».
Mi dica, quante forme di leucemia possono essere menzionate?
«Una prima distinzione può essere fatta tra la leucemia mieloide cronica e la leucemia mieloide acuta, entrambe a carico del midollo osseo. Io mi occupo dell’individuazione dei meccanismi genetici alla base della leucemia mieloide acuta»
A proposito, che c’e’ in lei di abruzzese?
«Un pregio delle mie origini abruzzesi è la cordialità e il buonumore…un difetto la testardaggine. Noi abruzzesi siamo molto aperti a stabilire nuove amicizie».
Cos’e’ per lei la vita?
«Vivere significa per me svegliarmi la mattina ed essere contenta di me stessa, convinta delle mie scelte, e soprattutto sapere di avere la mia famiglia e i miei amici sempre presenti»
Cosa l’ha spinta alla oncologia?
«La necessità di lasciare una piccola traccia in questa vita. Mi sono sempre detta che la cosa che mi riusciva meglio era studiare, quindi perché non fare qualcosa per gli altri?»
L’oncologia per lei e’ piu’ una passione o una missione?
«L’oncologia per me è una passione, perché mi affascina avere la possibilità di capire perché una cellula impazzisce e inizia a proliferare, ma è anche una missione. Ogni volta che entro in ospedale, letteralmente sento una stretta allo stomaco nel vedere i pazienti»
Crede nella Provvidenza?
«Credo che bisogna essere al posto giusto nel momento giusto. Ci vuole un pizzico di fortuna, ma la maggior parte del lavoro spetta a noi».
Si e’ mai sentita sconfitta?
«Signor Lino, quando si fa ricerca ci si sente stupidi e sconfitti praticamente ogni giorno. E’ questa la parte più difficile del nostro lavoro, essere coscienti del fatto che se stiamo cercando di scoprire qualcosa di nuovo, dipende dal fatto che è così complicato da farci sentire inadeguati»
E’ suprestiziosa?
«No, non sono superstiziosa. Niente amuleti o portafortuna»
Femminista?
«E perché dovrei esserlo? Credo che uomini e donne abbiano le stesse capacità di eccellere nella ricerca, come in altri campi. Dipende sempre dalla nostra dedizione».
Ha lasciato l’Italia con rimpianto?
«Più che l’Italia ho lasciato la mia famiglia con rimpianto. Sono molto felice a NY, ma la malinconia di avere i miei genitori, mia sorella e mio fratello lontani fa da sottofondo»
Crede che presto la fuga dei ”cervelli” italiani si fermera’? Su questo aspetto nello specifico in Italia, come e’ messa sullo scenario mondiale?
«Mi dispiace dirlo, ma la fuga dei cervelli non penso si fermerà così presto. All’estero ci sono troppe possibilità di crescita, di lavorare al massimo. In italia è tutto rallentato, immobile. E allo stesso tempo penso che per molti di noi che sono all’estero, tornare in Italia significherà rinunciare a tanto in termini lavorativi»
Che chiedono i giovani?
«I giovani italiani chiedono una possibilità per applicare lavorativamente quello che il nostro ottimo sistema scolastico ci ha insegnato. Questo può dare la prospettiva di un futuro felice in Italia»
Cosa le manca a New York, e cosa le piace della Mela?
«A New York mi manca uscire il sabato mattina con mia sorella o le mie amiche, il cornetto e il cappuccino al bar. Mi manca la telefonata dei miei genitori alle 8:30 di sera (che ho ricevuto ogni giorno da quando ho lasciato casa per studiare a Bologna a 19 anni). Con il fuso orario e i miei ritmi lavorativi ci sentiamo solo nel weekend. Mi manca il mare d’estate. Cosa mi piace della Mela? La sensazione di poter fare tutto, si respira nell’aria che è una città vibrante. Mi piace uscire con i miei nuovi amici, sperimentare nuovi ristoranti o locali, andare alle gallerie d’arte o semplicemente perdermi a Central Park. Mi piace tantissimo fare brunch…mi ricorda un po’ il pranzo della domenica. Adoro le palestre, aperte dalle 5.30 del mattino alle 11.30 della sera».
Il piatto preferito?
«Adoro i piatti freddi. Prosciutto e mozzarella, bresaola e rucola. Devo ammettere che è un po’ difficile trovare una buona mozzarella di bufala a NY. In compenso ci sono delle pizzerie ottime che mi fanno sentire a casa»
Rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«Si, sono convinta delle mie scelte. Tutto quello che ho fatto è sempre stato dettato dalla passione. Dal primo momento che ho messo piede a NY, ho sentito che era stata la scelta giusta, con tutti quei piccolo sacrifici che ovviamente ha richiesto ricominciare tutto dall’inizio. Adesso però, a distanza di un anno, posso dire che ne è valsa la pena fare il grande salto!»
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