Gianfranco Manfredi, Ultimi vampiri. Extendend version

Gargoyle Books, 2009, pp. 376, € 17,00
di Carlo Bordoni
Nessuno sa trattare i vampiri con umanità meglio di Gianfranco Manfredi. Li sviscera nel profon-do, ne esalta le debolezze e le qualità, li fa conoscere come amici fraterni e per questo ce li rende simpatici. Nell’attuale revival, Manfredi ripropone il suo Ultimi vampiri (già edito da Feltrinelli nel 1987), in una “extended version” che comprende due racconti, di cui uno inedito, e tre brevi saggi.


A dire il vero l’inedito Summer of Love è qualcosa di più di un racconto, quasi un romanzo breve, ed è la vera sorpresa del volume. Proprio qui Manfredi supera se stesso, in un’appassionante storia vintage ambientata negli anni Sessanta; protagonista un giovane vampiro della beat generation, legato ai famigerati Hell’s Angels di Oakland, che viaggia in moto. Sì, proprio così, avete inteso bene: su una splendida Triumph Bonneville T120, alla maniera di Easy Rider (1969), il film di Dennis Hooper che segnò un’epoca. Tutto il contrario dell’immagine tradizionale del vampiro alla Bram Stoker e dei suoi volteggi sulle ali di pipistrello.
Perché il vampiro di Summer of Love, Lazlo, è ancora un principiante che sta facendo la gavetta (un po’ forzata, a dire il vero) presso un vecchio maestro, Sebastian. Data l’ambientazione e il contesto culturale di cui è diffuso – alcool, sesso, droga e rock’n roll – come non pensare a Lost Soul di Poppy Z. Brite? La cui traduzione italiana, Anime perse, pubblicata da Bompiani nel 1996, ha avuto poca eco da noi. Qui un gruppo di giovinastri, dalle inevitabili fattezze di bei tenebrosi, tre strani freaks di questa razza, scorrazzano su e giù per gli States in un van nero, bevendo, facendosi di tutte le droghe e succhiando qua e là la linfa vitale. Non disdegnano comportamenti omosex e ogni altra esperienza fuori dall’ordinario. Zillah, il più vecchio e il più affascinante, ha un figlio (Nothing) da una strana ragazza giù a New Orleans: comincia così la storia di Nothing, vampiro senza saperlo, e del lungo viaggio per ritrovarsi tra i suoi. Se si volesse ridurlo ai minimi termini, si potrebbe definirlo una sorta di rifacimento in negativo di Senza famiglia, con le sue agnizioni, le attese, la ricerca del padre, le intuizioni tipiche della narrativa popolare.
Come nel primo libro della Brite, Summer of Love di Manfredi è crudo nel linguaggio, grondante sangue da ogni pagina, con una singolare improntitudine verso il male, una freddezza descrittiva che fa pensare ad Angela Carter. E, per certi versi, a un Jack Kerouac. Pensate a un On the Road in versione vampiresca. Ha lo stesso effetto dirompente di un Kerouac, con un sottofondo di ingenuità scopertamente sfrenata, un che di infantile, che fa trapelare bagliori romantici e improvvise dolcezze (l'amore per la diafana Rosalind). Una storia violenta, sessualmente esplicita, ambigua, sconvolgente, affascinante, incredibile, eppure attesa.
Non sembra che voglia stupire o spaventare il lettore, ma raccontargli una storia fatta di gente improbabile, con lo stesso tono spontaneo e posato dell’ordinaria follia. Come dire: ci sono vampiri tra noi, ma escono dallo schema abusato della letteratura horror. Ogni tanto hanno bisogno di sangue, vivono più a lungo dei comuni mortali e possono restare alla luce del sole senza corrompersi.
Manfredi, da raffinato psicologo dell’animus vampiresco, rende la solitudine del suo Lazlo un capolavoro letterario, un gioiello che impreziosisce la storica raccolta. La professione di vampiro prevede un duro apprendistato, un percorso iniziatico doloroso che si consuma in lunghi periodi trascorsi nella reclusione della propria stanza a macerare un’astinenza da sangue che ha tutte le caratteristiche della sofferenza adolescenziale. Un tempo che pare infinito, scandito da depressioni, introspezioni e rivolte contro il mondo. Anche contro il maestro, la cui “distruzione” fisica e psicologica assume la forma della più classica rimozione freudiana.
Quando il periodo iniziatico sarà concluso, il vampiro svezzato, non più costretto a contenersi dalle regole “educative” a cui ha dovuto sottostare, sarà finalmente libero di esprimere il suo potere. La Triumph chiusa nel garage a ricordare la giovinezza passata.
Manfredi avrebbe tutte le qualità per scrivere un romanzo di vampiri degno di entrare nella storia del genere. Sarebbe il caso di cogliere il momento di grande fortuna che il vampirismo sta attraversando, sulla scorta del successo a livello globale raccolto dai vampiri adolescenti di Stephanie Meyer.
E magari dargli un’impronta italiana.

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