Pedagogia popolare

"La meta naturale del processo è l'uomo educato" Celestin Freinet (1897-1966), pedagogista francese, fu sempre mosso dalla convinzione che l'obiettivo della scuola è senza dubbio quello di insegnare a tutti il modo per comprendere le regole del "gioco sociale", la comunicazione intersoggettiva, incentivare la partecipazione attiva alla scuola. La sua esperienza nasce dalla ricerca quotidiana di capire, attraverso il dialogo e la libera espressione creativa, i bisogni del bambino. Il maestro riveste un ruolo fondamentale ed è chiamato a inventare nuovi metodi al solo fine di coinvolgere i ragazzi, anche i più riluttanti. Ad esempio l'idea del giornale di classe scritto dai ragazzi e la corrispondenza interscolastica che crea relazioni al di fuori della classe.

Influenzata dalla nuova pedagogia popolare. negli anni sessanta l'Italia assiste ad un momento topico di esigenza di una scuola nuova, i cui protagonisti sono i bisogni degli alunni; una scuola che non si può esimere dal rivedere i suoi punti deboli che portano per molti aspetti al fallimento dell'istruzione.

Il nostro Paese può vantare il lavoro di molti insegnanti che descriveranno la loro esperienza, ispirati da Freinet e altri pedagogisti rivoluzionari. Esperienza preziosa per capire che obiettivo della scuola è coinvolgere tutti i ragazzi nelle attività scolastiche e fornire, ad ogni costo, gli strumenti per affrontare il futuro da persone consapevoli.

Mario Lodi, celebre scrittore, accolse totalmente questa sfida nell'insegnamento che viveva come missione. Nel suo libro "Il Paese sbagliato" descrive la sua idea di pedagogia popolare. Un insegnamento che deve liberare lo scolaro dando lui la possibilità di evolversi attraverso lo studio e le scoperte del sapere, evitando di farlo scappare e spaventarlo. Liberarlo dalle paure, porgere l'occasione di vivere il rapporto di classe, non con antagonismo, ma con mutuo soccorso e collaborazione così da poter crescere persone che possano continuare nella società ad essere senza alcuna paura disponibili e sensibili verso chi ha bisogno.

Un altro esempio molto utile a capire come evitare l'abbandono scolastico è sicuramente quello di Albino Bernardini, insegnante a Pietralata, un quartiere di borgata. Egli scorge subito la necessità di stabilire una relazione con i ragazzi per superare in qualche modo la loro diffidenza e ostilità verso la scuola. Cerca poi di scovare insegnamenti che possano essere utili, interessanti, vicini alla loro esperienza e al loro vissuto. Comprende subito che lo scarso interesse mostrato per le attività scolastiche si fonda sul fatto che sono così lontane dalla vita che conducono. Una relazione complicata che necessita di attenzione, studio, ricerca e una vera e propria vocazione per l'insegnamento. Nel suo libro Un anno a Pietralata vengono raccontati gli scorci familiari che spesso scoraggiavano l'istruzione, ponendola in secondo piano, le strane attività che i ragazzi solevano condurre come giocare a carte puntando soldi durante le pause tra una lezione e l'altra, rendersi autori di furti in classe e vivere troppi momenti di violenza. I bambini di borgata mostravano di crescere in fretta e conoscere troppo presto "le cose" degli adulti. Le innovazioni creative introdotte da Bernardini sono le passeggiate fuori dalla scuola, programmi modificati per andare incontro alle esigenze della classe, rapporti non formali. Nel suo diario confessa che però questa creatività nell'insegnamento provocava fastidio ai colleghi che non credendo in una scolarizzazione di questi ragazzi, già da tempo avevano "gettato la spugna".

Un'altro personaggio importante per la denuncia della scuola è Don Lorenzo Milani di un paese del Mugello, Barbiana. Autore di Lettera ad una professoressa, un classico della letteratura pedagogica, descrive l'estraneità dei programmi scolastici alla vita che viene condotta in un paese di campagna avulso da un contesto borghese e elitario. Soprattutto denuncia la scuola ancora classista spesso a causa dell'indifferenza degli insegnanti verso le esigenze del ragazzo che vive in un ambiente diverso da quello elitario e ha bisogno di una occasione in più per aumentare il suo livello di istruzione. Don Milani afferma, senza mezzi termini, che il ragazzo di campagna che la mattina, prima di andare a scuola, deve aiutare i genitori nel lavoro, si sente escluso dagli astrattismi scolastici perchè ha una mente pratica che esige insegnamenti consoni. Don Milani e i ragazzi chiedono più scuola, più possibilità di essere istruiti, selezione dei programmi a seconda degli scolari a cui sono destinati, scuola a tempo pieno, una scuola paziente che aspetta anche i meno diligenti, gli svogliati, che incontri gli interessi dei ragazzi e non bocci soltanto. "Al tornitore non si permette di consegnare solo i pezzi che son riusciti. Altrimenti non farebbe nulla per farli riuscire tutti. Voi invece sapete di scartare i pezzi a vostro piacimento. Perciò vi contetate di controllare quello che riesce da sè per cause estranee alla scuola."Accusa la scuola di ignoranza e astrattismo -"chi insegna pedagogia all'Università i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline". La scuola deve essere un mezzo di emancipazione, di liberazione, di miglioramento sociale per chi dalla cultura è sempre stato escluso.