Daimon: Presenza invisibile dell'Essere - Recensione di Francesco Di Rocco al libro di Angela Curatolo
Angie, essere d’un tempo indicibile, difficile da incontrare, difficile da definire.
Appunto, definire! Vizio assurdo metropolitano, la definizione è la staticità paradigmatica che prelude alla galera culturale.
L’individuo, nato per essere libero (born to be free, cantava un poeta americano), in contraddizione con la sua natura, è terrorizzato dall’idea di libertà, che presume domande su se stessi, preludio della morte ma fonte di rinnovamento interiore, e questo terrore ancestrale genera illusioni e idealità per sfuggire all’angoscia della sopravvivenza e della noia.
E’ l’attimo perverso e venefico della scelta: si diventa Essere sociale e condividere lo spazio assegnato significa rinunciare a qualcosa di proprio.
Ci rendiamo conto che la colonna portante della convivenza è il conformismo, una macchina tritacarne che tutto trasforma, per farne Golem da passeggio.
Così la vita passa, il tempo resta immobile e ci assale la noia perché tutto di noi è disperso nell’oblio. Allora senza emozioni, la vita è il più perverso dei cinismi: inesorabilmente muore la sacralità della parola e ci offriamo agli altri con maschere intrise di nascoste verità. La malinconia incatena il pensiero, che perde la nobiltà di padre, diventa patrigno insostenibile per fare di noi fantasmi urlanti e senza voce, patetici vagabondi, inventiamo facili verità: ecco le contorsioni mentali delle religioni, con i suoi divieti paradossali e le perversioni ideologiche dei gruppi di potere, che avviliscono la beltà e ci rendono schiavi di volti invisibili e spaventosi, come metastasi inarrestabili incancreniscono il tessuto sociale fino a raggiungere la famiglia, spesso punto di partenza di questo processo, per vestirla con pelle di cadavere. Come un abitino su misura, confezionato da chissà quale sarto, questa pelle, col passar del tempo diventa vessillo di infelicità.
E' questa la struttura portante del libro di Angela Curatolo che, espressa in una sintesi letteraria implicita, appare come un uragano tra le righe.
Un libro come questo si collega a una voce unica che viene dagli spazi dell’immensità del macrocosmo, anni luce distante, ma possibile da afferrare se solo non fossimo mediocri viandanti ciechi.
Angela, artista poliedrica, geniale per istinto, talentosa per scelta, disamina con lucida determinazione, per poi smembrarlo, tutto lo scibile inconscio.
E l'inconscio, per rivelarsi ha solo bisogno di essere interrogato, pronti a recepire risposte non preconfezionate che raramente ti assolvono.
Rispondere a se stessi è un atto di disubbidienza alle convenzioni sociali, perché tutti, siamo figli di una educazione che fa di noi una statua che lentamente si sbriciola, per avvolgerci in un fumo grigio.
Il grande scrittore Oscar Wilde, sosteneva che per rispondere a una domanda ci vuole una persona intelligente, ma porne una ci vuole un genio!
Angela fa esattamente questo, come il genio-scienziato che studia, sperimenta, pone domande a se stessa e trova risposte smontando luoghi comuni e dunque andando controcorrente, che rappresenta la via più impervia che presuppone conoscenza di sé.
Accorgersi ad un certo punto, che non esiste la felicità, solo perché, noi, paurosi, ordinari, portiamo la dignità al macero sociale, solo perché la parola “infinito” è un peso insopportabile, è come condannarsi, da soli a un campo di sterminio culturale; ma Angela, dona la sua voglia di esserci e ci invita, come una fiera conduttrice di eserciti, alla ricerca della felicità, che abbiamo dentro.
Libro intriso di una carica linguistica fuori dal comune, uno scrivere che si moltiplica di parola in parola, genera suggestioni, raggiunge latitudini di puro lirismo, sebbene sia una prosa non narrativa. Ma proprio per questo, rompendo gli schemi canonici della narrativa, Angela racconta il Daimon, questo Essere meraviglioso e tremendo che sussurra la felicità. Il Daimon che racconta mondi altrimenti indescrivibili, va negli iperspazi lontani, cattura il segreto della felicità e lo reca agli uomini su un vassoio d’argento: seguire il rullo di tamburi dentro se stessi. Una letteratura dell'inconscio, come non mai, che evoca visioni in forma di parola, l’anima è a portata di mano, nelle profondità recondite di chi non vuole, per istinto o per scelta, cadere nelle tenaglie del conformismo ipocrita che abbrutisce l’intelligenza.
Dunque, una scrittura che si evolve nella forma, che genera sostanza, che avvolge in armoniose sinfonie che scuotono il corpo è dà brividi di serenità, perché Angie ha visto la tenebra, ne ha fatto patrimonio per i suoi occhi vivaci e per la sua immensa voglia di vivere e ha donato ai suoi lettori perle di sapienza.
Francesco di Rocco-(ARXIS)
Appunto, definire! Vizio assurdo metropolitano, la definizione è la staticità paradigmatica che prelude alla galera culturale.
L’individuo, nato per essere libero (born to be free, cantava un poeta americano), in contraddizione con la sua natura, è terrorizzato dall’idea di libertà, che presume domande su se stessi, preludio della morte ma fonte di rinnovamento interiore, e questo terrore ancestrale genera illusioni e idealità per sfuggire all’angoscia della sopravvivenza e della noia.
E’ l’attimo perverso e venefico della scelta: si diventa Essere sociale e condividere lo spazio assegnato significa rinunciare a qualcosa di proprio.
Ci rendiamo conto che la colonna portante della convivenza è il conformismo, una macchina tritacarne che tutto trasforma, per farne Golem da passeggio.
Così la vita passa, il tempo resta immobile e ci assale la noia perché tutto di noi è disperso nell’oblio. Allora senza emozioni, la vita è il più perverso dei cinismi: inesorabilmente muore la sacralità della parola e ci offriamo agli altri con maschere intrise di nascoste verità. La malinconia incatena il pensiero, che perde la nobiltà di padre, diventa patrigno insostenibile per fare di noi fantasmi urlanti e senza voce, patetici vagabondi, inventiamo facili verità: ecco le contorsioni mentali delle religioni, con i suoi divieti paradossali e le perversioni ideologiche dei gruppi di potere, che avviliscono la beltà e ci rendono schiavi di volti invisibili e spaventosi, come metastasi inarrestabili incancreniscono il tessuto sociale fino a raggiungere la famiglia, spesso punto di partenza di questo processo, per vestirla con pelle di cadavere. Come un abitino su misura, confezionato da chissà quale sarto, questa pelle, col passar del tempo diventa vessillo di infelicità.
E' questa la struttura portante del libro di Angela Curatolo che, espressa in una sintesi letteraria implicita, appare come un uragano tra le righe.
Un libro come questo si collega a una voce unica che viene dagli spazi dell’immensità del macrocosmo, anni luce distante, ma possibile da afferrare se solo non fossimo mediocri viandanti ciechi.
Angela, artista poliedrica, geniale per istinto, talentosa per scelta, disamina con lucida determinazione, per poi smembrarlo, tutto lo scibile inconscio.
E l'inconscio, per rivelarsi ha solo bisogno di essere interrogato, pronti a recepire risposte non preconfezionate che raramente ti assolvono.
Rispondere a se stessi è un atto di disubbidienza alle convenzioni sociali, perché tutti, siamo figli di una educazione che fa di noi una statua che lentamente si sbriciola, per avvolgerci in un fumo grigio.
Il grande scrittore Oscar Wilde, sosteneva che per rispondere a una domanda ci vuole una persona intelligente, ma porne una ci vuole un genio!
Angela fa esattamente questo, come il genio-scienziato che studia, sperimenta, pone domande a se stessa e trova risposte smontando luoghi comuni e dunque andando controcorrente, che rappresenta la via più impervia che presuppone conoscenza di sé.
Accorgersi ad un certo punto, che non esiste la felicità, solo perché, noi, paurosi, ordinari, portiamo la dignità al macero sociale, solo perché la parola “infinito” è un peso insopportabile, è come condannarsi, da soli a un campo di sterminio culturale; ma Angela, dona la sua voglia di esserci e ci invita, come una fiera conduttrice di eserciti, alla ricerca della felicità, che abbiamo dentro.
Libro intriso di una carica linguistica fuori dal comune, uno scrivere che si moltiplica di parola in parola, genera suggestioni, raggiunge latitudini di puro lirismo, sebbene sia una prosa non narrativa. Ma proprio per questo, rompendo gli schemi canonici della narrativa, Angela racconta il Daimon, questo Essere meraviglioso e tremendo che sussurra la felicità. Il Daimon che racconta mondi altrimenti indescrivibili, va negli iperspazi lontani, cattura il segreto della felicità e lo reca agli uomini su un vassoio d’argento: seguire il rullo di tamburi dentro se stessi. Una letteratura dell'inconscio, come non mai, che evoca visioni in forma di parola, l’anima è a portata di mano, nelle profondità recondite di chi non vuole, per istinto o per scelta, cadere nelle tenaglie del conformismo ipocrita che abbrutisce l’intelligenza.
Dunque, una scrittura che si evolve nella forma, che genera sostanza, che avvolge in armoniose sinfonie che scuotono il corpo è dà brividi di serenità, perché Angie ha visto la tenebra, ne ha fatto patrimonio per i suoi occhi vivaci e per la sua immensa voglia di vivere e ha donato ai suoi lettori perle di sapienza.
Francesco di Rocco-(ARXIS)
Commenti