Gerry Turano e il suo divertente libro:

"Ragliando disperato" è una raccolta di racconti, scritti da Gerry Turano, che espongono un crudele spaccato della realtà italiana.

Finalmente dopo decenni di racconti di plastica un libro che torna a descrivere l'autentico modo di vivere e pensare dell'italiano medio e non solo. Per anni abbiamo dovuto subire un cinema e una letteratura che descriveva snaturati paesaggi italiani, inesistenti, patetica copia di società inglesi, amaricane. Turano invece con coraggio racconta l'italiano, le sue bassezze, ipocrisie, meschinità ma racconta l'Italia. Leggendo i suoi racconti a volte s'incappa in una nuova sensazione: si inorridisce ridendo. Semplicemente perchè siamo italiani. I personaggi dei vari racconti scimmiottano una realtà che vediamo negli uffici, dal parrucchiere, nei bar, nelle aziende, nelle fabbriche. Sono caricature di un mondo che ci appartiene e ci fa sentire italiani allo specchio.

D.Gerry, questo è il tuo secondo libro: il tuo stile fluisce dall’analisi della realtà o da una fantasia che la supera?
R.Da entrambe le cose. La vita di ogni giorno fornisce spunti infiniti: un incontro particolare, una situazione un po’ diversa dal solito, il racconto di un amico possono far scoccare la scintilla creativa. Quante volte, di fronte alle stranezze della vita ci siamo detti “questa bisognerebbe scriverla!”... ecco, io se proprio non la scrivo, almeno me l’appunto. Per poi tornarci su come autore, naturalmente, che inventa a tutto campo per rendere le vicende e i personaggi estremi, iperbolici, surreali, cercando tuttavia di non snaturarne le caratteristiche iniziali.

D.Hai sempre avuto la tendenza a trovare il lato comico delle tragedie quotidiane?
R.Per niente. Magari non ci crederai, ma io sono un ansioso di prima categoria, basta molto meno di una tragedia per togliermi il sorriso. In età adulta, però, non avendo trovato il sistema per vincere l’ansia, ho scoperto che “scherzarci su” tutte le volte che si può, fa bene alla salute.
Per intenderci, il mio primo libro s’intitola “Più di qua che di là”, il fil rouge che unisce buona parte dei racconti (quasi tutti umoristici) è la morte. E’ stato un buon modo di combattere una certa crisi interiore, dovuta al mio primo, serio confronto intellettuale con la Triste Signora.

D.Tu vivi a Roma e spesso organizzi serate di letture con importanti “readers”: parlaci di queste serate.
R.Considero il “reading” un’evoluta forma di spettacolo, e non così semplice da realizzare come si può credere. Una buona lettura dà vita alla pagina scritta, materializza i personaggi, rende vive le vicende come e più di una trasposizione cinematografica, ma senza modificarne l’essenza.
Qualcuno si è spinto a dire che in certe condizioni un reading possa rappresentare una vera e propria forma d’arte.
Recentemente ho presentato a Roma la lettura di alcuni brani di “Ragliando disperato” in compagnia di bravi attori come Angelo Orlando, Alessandro Procoli e il giovane talento pescarese Federico Rosati. A rendere più armonioso il contesto, il commento musicale eseguito dal vivo di Claudio Luongo, che ha alternato Satie a Hefty a composizioni originali con grande maestria. E’ stato un successo, oltre che un gran divertimento.


D.Negli ultimi decenni la tradizione comica italiana si è persa sia nel cinema che nella narrativa. Perché oggi per gli italiani è così difficile ridere dei propri limiti e difetti, come hai fatto tu nei tuoi racconti?
R.Il pubblico trova più semplice identificarsi con l’eroe americano plastificato piuttosto che con l’antieroe di casa nostra. Non apprezza più il bel vigliacco nostrano, lo sfigato casareccio, non ci si vuole riconoscere perché non ha granchè voglia di fare autocritica. Insomma, preferisce altri modelli di riferimento, preconfezionati e più rassicuranti.
Ma credo che ci torneremo, a quella comicità, in fondo siamo troppo intelligenti. Non appena avremo più certezze e la finiremo di sentirci i cugini poveri di qualcun altro.

D.Chi sono gli scrittori a cui ti sei ispirato?
R.Direi a nessuno. Consapevolmente, intendo. Di certo ho dei punti di riferimento altissimi come Calvino e Buzzati. Fra i nuovi scrittori, senza scomodare chissà chi, apprezzo Ammanniti e Carlotto: sono tutti e due senza pietà.

D.Ti piace più leggere o scrivere?
R.Entrambe le cose. Trovo più facile scrivere, però.

D.In questo libro c’è un racconto che raccomandi in particolare, quale?
R.Ogni episodio di “Ragliando disperato” ha un motivo d’interesse. Qualcuno però ha dei riferimenti autobiografici e quindi mi è più caro. “Fine di Arturo”, ad esempio, racconta di un povero diavolo che, in un contesto drammatico, s’infortuna perdendo una preziosa capsula dentaria nello scarico del lavandino, e che deve assolutamente recuperare… Episodio accaduto!

D.Perché “Ragliando Disperato”?
R.Ti rispondo citando la casa editrice, che commenta così il mio titolo: “rimanda nell'immaginario a noi poveri ‘asini’ stritolati dalla vita”.