Oltre che
importante, è soprattutto significativa la collettiva d’arte contemporanea alla
Pinacoteca di Sant’Oreste (in provincia di Roma) presso le sale del Museo
Palazzo Caccia, e in quello Naturalistico del Monte Soratte. La mostra,
denominata “PACIFICA-MENTE”arte e mentalità di pace in un
secolo di guerre, 1915-2015″,curata da Tiziana Todi in collaborazione col
Comune e la Pro Loco della cittadina, resterà aperta al pubblico fino a domenica
22 novembre 2015.
In tale contesto, l’artista marchigiano Carlo Iacomucci ha
messo a disposizione della mostra una sua opera titolata “Pax e Arte”,
contribuendo oggettivamente a significare il tema della collettiva. Con la sua
opera, ha inteso promuovere il profondo significato di “pace”; quel gran bene
che va difeso mentre l’umanità, ancor oggi, è corrotta e coinvolta in troppi
conflitti che portano distruzione e morte, con il pericolo di inaridire,
dissipare civiltà e cultura. Da sempre, in modo suggestivo nel suo
metalinguaggio, l’arte visiva, instancabilmente, continua a parlare una lingua
universale superando ogni barriera razziale. “Arte e pace” sono anche
espressioni di “sapere”. Iacomucci, attraverso i suoi modelli artistici ,sa
trasformare “ l’orrendo” in partecipazione del consolidamento del bene, della
bellezza. La sua continua “estasi” del tratto ha valore annunciativo, si assimila tra la suditanza umana, ostaggio
degli orrendi calcoli del potere. L’artista può cambiare la prospettiva della
“peste” temporale, morbo che contamina ancora in nome della paganità del
progresso. La visione di Iacomucci è “un’estasi” meticolosa, concentrata e
aliena da scorciatoie grafiche non traducibili dallo spettatore. Nell’osservare
questa sua “Pax e Arte, occorre ricordare che il suo operare artistico nasce da
mille studi preparatori e da altrettante, lente ma sapienti, esecuzioni mai
estranee a essere interpretate realisticamente, nonostante le visioni oniriche
caratterizzino lo spazio visivo. La presente espressione artistica non si
conforma in fuga ne consolazione, in quanto punta a una ricomposizione ideale
dell’essere. Le sue opere rispecchiano anche una condizione psico-ribelle, in
parte, però, rasserenandola. Si nota, in verità, anche un tratto malinconico che
si inverte quando qualcosa di irascibile prende corpo. Iacomucci ha superato i
manierismi con una formalità che risalta l’elemento compositivo, senza quella
folle audacia prospettica tipica dall’osservatorio daliniano. Formalmente, prova
a eliminare il surplus delle incidenze dell’ombra subordinata alla fisiologia
del colore, come del resto anche quella del contrasto a tutti i costi. La sua
continua attività grafica e incisoria non deriva da quell’innumero soggettuale
che una certa “universalità” coinvolge sia all’artista, sia il poeta. Occorre
riconoscerla con gratitudine questa magistrale lingua che si muove nell’assurdo
teatro delle maschere. A tal proposito, nel tema della mostra, ho posto un’unica
domanda a Carlo Iacomucci:
Carlo, con quale
spirito hai inteso dare il tuo personale contributo al tema di questa
mostra?
Dirò che....."Dio ha dato la terra al genere umano, senza
escludere o privilegiare nessuno. L’intento dell’umano dovrebbe essere quello di
apportare un attivo contributo al “bene” dove tutti ne godano. L’uomo di oggi
deve fare profonde riflessioni ascoltando la propria intimità spesso avvelenata
dal conformismo. Deve rendersi conto che occorre riscoprire la vera libertà;
quel bisogno di uscire dalla costante insoddisfazione per respirare un’aria
diversa da quella tossica promossa dai persuasori occulti. Un’aria che trasluce
e si irradia nella prospettiva di realizzare se stessi. Chi saprà guardare e
ascoltare questa luce si potrà salvare dai mille veleni sparsi da questa
inciviltà….."
Carlo Iacomucci
nasce a Urbino nel 1949. Vive e opera a Macerata (Italia). Con serietà e
costanza ha potuto, per gradi, e per avvio naturale, avvicinarsi alla grande
tradizione della Scuola Urbinate che porta avanti da più di quarant’anni. Nella
sua città natale ebbe la sua formazione artistica e culturale presso l’Istituto
Statale d’Arte, meglio noto come Scuola del Libro. E ha frequentato il Corso
Internazionale della Tecnica dell’Incisione Calcografica seguendo per due anni
la sezione di pittura dell’Accademia di Belle Arti, sempre ad
Urbino.
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