Ricorre un anniversario importante. 100
anni fa nasceva a Caltanissetta nel 1915 Rosario Assunto, morto a
Roma nel 1994. Abbiamo incontrato a Roma il pittore Francesco
Guadagnuolo, anche lui nisseno, il quale ebbe modo di conoscerlo ed
esserne amico e con lui ricorderemo il grande filosofo.
Due nisseni
insigni: il Prof. Rosario Assunto, critico e docente di Estetica
all’Università di Urbino e il Maestro Francesco Guadagnuolo,
affermato artista, la cui attenzione del filosofo per l’arte di
Guadagnuolo si è attuato in numerosi saggi critici, pubblicati su
libri, cataloghi, quotidiani come ‘Il Giornale’ e ‘Il Tempo’,
sul periodico ‘Antichità e Belle Arti’, e su riviste
specializzate come ‘Galleria’, ’Itinerari’ e ‘Filosofia
Oggi’.
Riportiamo parti della recente
intervista al Maestro Francesco Guadagnuolo il quale ha accettato di
ricordarlo e commemorarlo: «Quello che mi sento di esprimere
sull’amico Rosario Assunto, che ha seguito e stimato il mio lavoro
è naturale riguardi la mia esperienza di artista e mi abbia spinto a
riflettervi.
È insolito come in Assunto, si
è detto, l’impulso e l’innovazione convivesse con quello della
conversazione. Oltre ad essere uno studioso di estetica, egli era
aperto ai nuovi fenomeni letterari. Ha compreso l’importanza dei
linguaggi contemporanei, compresa l’arte cinematografica. Nel
1952–’53 ha discusso sul neo-realismo nella letteratura e nel
cinema italiano.
Il suo pensiero comincia
particolarmente dallo studio di Kant soffermandosi sulla Critica del
giudizio dalla quale può dirsi abbia avuto inizio l’estetica
moderna. Prediligeva Schelling, Holderlin, Schlegel e, tra i poeti
maggiormente legati alla riflessione, Rainer Maria Rilke.
Era persona straordinariamente
sensibile, mite e gentile, riusciva a mettere tutti a proprio agio,
specie chi sentiva ed esprimeva incertezza e inquietudine sulle
condizioni del mondo.
La stima che nutriva Rosario
Assunto per la mia arte nasceva dal riscontrarvi la ricerca dei
valori nella considerazione dei problemi della vita. Il mio lungo
sodalizio con lui iniziò nel 1978, un anno dopo, la sua
presentazione delle acqueforti da me realizzate su “La Bottega
dell’Orefice” di Andrzei Jawien (Karol Wojtyla), ed è proseguito
fino alla sua morte nel 1994.
É stato per me uno dei maggiori
stimoli per conoscere e condividere i capisaldi estetici che avevano
in lui uno dei più acuti e originali intellettuali contemporanei.
Gli sono profondamente grato dei numerosi scritti che ha dedicato ai
miei cicli grafici e pittorici».
Per l’occasione indichiamo
l’interessante saggio del critico e storico dell’arte Antonio
Gasbarrini che favorisce la conoscenza e il pensiero estetico del
grande filosofo del ’900 attraverso l’arte di Guadagnuolo.
Rosario Assunto e l’Arte di Francesco
Guadagnuolo
«La lunga frequentazione di Rosario
Assunto con l’arte di Francesco Guadagnuolo iniziata nel ’78,
(nel ‘79 con un suo saggio sulle acqueforti realizzate dall’artista
siciliano a corredo del volume La Bottega dell’Orefice di Andrzei
Jawien alias Karol Wojtila è proseguita senza soluzione di
continuità sino al ’94), e un’irripetibile occasione per
ripercorrere in nuce i capisaldi estetici del pensiero di uno dei più
originali intellettuali italiani.
Un maitre à penser, Rosario Assunto,
allergico ad ogni tipo di ideologia, ma non per questo meno engagé,
che sapeva lucidamente distinguere nei suoi densissimi saggi il
crinale separante la ‘filosofia dell’arte’ dalla ‘critica
d’arte’ (“in questo libro si parla di poesie e di romanzi, di
quadri e di statue. Ma il ragionamento intorno alle opere d’arte
non presume di formularsi come giudizio qualitativo, del bello e del
brutto. L’autore è uno studioso di filosofia, e come tale si è
accostato alle opere d’arte cercando in esse, appunto, filosofia –
anche, e principalmente, quando poesie e romanzi, quadri e statue non
denunziano un’esplicita volontà di filosofare da parte dei loro
autori”).
Quest’ultima precisazione, avrebbe
dovuto escludere gran parte dell’arte contemporanea, dagli
orizzonti speculativi di Rosario Assunto (si pensi a Duchamp e
all’Arte Concettuale) ma, per nostra fortuna così non è.
E se ancora oggi persiste il magistero
delle sue acute e taglienti analisi condensate quasi sempre in
pochissime pagine capaci di spaziare sincronicamente da una terzina
di Dante, una sequenza di Alano di Lilla, una strofa di Ronzare, una
ballata del Poliziano, ad un sonetto di Mallarmé, ad un’Elegia di
Rilke ed ancora, ad una riflessione poetica di Mondrian e di
Kandinsky o all’opera di Picasso, non possiamo non rifarci,
allorché affrontiamo come critici d’arte l’originale lavoro di
Francesco Guadagnuolo, a più di una considerazione del Nostro.
Soprattutto considerando il rapporto
parola-immagine, e come riflesso speculare la ‘monadediade’
Logos-Mythos, quali facce di una stessa medaglia in cui l’ “Ut
pictura poesis” di attribuzione oraziana va a convertirsi (come
avviene nei quadri appartenenti al ciclo dei Luoghi del Tempo e di
Roma - New York/New York – Roma, sui quali spenderemo qualche riga
più avanti) nel suo reciproco linguistico ed immaginifico dell’
“Ut poesis pictura”.
Certo in queste opere di Francesco
Guadagnuolo siamo alquanto distanti dai lavori figurativi del
quindicennio ’70-’85 costantemente dedicati alla
reinterpretazione iconografica di moltissimi capolavori della
letteratura italiana e straniera (il Processo di Kafka, gli Inni
Sacri del Manzoni, le Grazie di Foscolo, etc., lavori su cui ha
incentrato gran parte della sua attenzione Rosario Assunto), ma molto
vicini, invece, alla concezione filosofica assuntiana sull’arte e
sulla poesia, emblematicamente fuse nel vibrante libro di La parola
anteriore come parola posteriore, o della parola assoluta, tout-court
e cioè la Poesia (“Una possibile definizione speculativa della
poesia è quella che in essa riconosce l’unità dialettica del
pensante che – vive e del vivente – che – pensa, in quanto si
attua e si celebra nella parola come pensiero poetante. E quando
diciamo pensiero poetante intendiamo riferirci ad una modalità
dell’incarnazione del Logos in cui il pensiero, costituendosi come
vivente, identifica se stesso nella parola in cui, nominando la vita,
autonomina se stesso pensandosi nelle forme della vita e nelle
parole, con cui la vita, parla di sé a se stessa; e nel nominare se
stesso, solleva a sé la vita, pensandola nelle proprie forme e
nominandola con le parole stesse in cui nomina sé in quanto pensiero
sovrastante alla vita. Sono i due aspetti del pensiero poetante in
quanto si realizza in parole: quello che porta il pensiero nelle
parole della vita, e l’altro che porta la vita nelle parole del
pensiero. La poesia, diciamo, poetante la realtà – che è
tutt’altra cosa dalla poesia realista, realismo essendo una delle
tante e diverse possibili modalità del poetare, una poetica”).
Di questo pensiero poetante, per e con
immagini, ci permettiamo di aggiungere a Rosario Assunto interessava
– nell’iniziale approccio con l’arte di Guadagnuolo –
indagare inoltre il rapporto esistente tra testo (non solo poetico) e
di immagine (illustrazione), cosi ben delineato prendendo a prestito,
nel caso specifico, un passo della prima frase della Spiegazione
della dipintura proposta al frontespizio che serve per l’introduzione
dell’opera (si tratta dell’incisione di Domenico Antonio Vaccaro)
scritta da Gianbattista Vico per la Scienza Nuova (edizione del 1730
e del 1744): “la quale serva al leggitore per concepire l’idea di
questa opera avanti di leggerla, e per ridurla più facilmente a
memoria, con tal aiuto che gli somministri la fantasia, dopo di
averla letta”.
Annota quindi Rosario Assunto: “Sono
frasi lapidarie, che sull’anteriorità e ulteriorità
dell’immagine, rispetto al pensiero discorsivo o analitico, dicono
tutto quello che c’era da dire“.
Un’Ars memoriae, quella suggerita da
Vico, parente stretta della tragedia ‘mentale’ vissuta da
Simonide (Melico, dalla lingua di miele) il quale, per riconoscere le
membra figurate dei commensali lasciati un attimo prima del
devastante crollo del soffitto, abbina il posto occupato dagli stessi
alla rispettiva immagine, dando di conseguenza, per primo, voce e
respiro all’ “Ut pictura poesis”.
Ma di ben altro portato estetico e
linguistico è la fusione tra parola e l’immagine perseguita con
tanta tenacia da Francesco Guadagnuolo, talché – rileva subito
Assunto – il pregio maggiore della sua ricerca consiste in una
superiore sintesi in cui viene raggiunta “l’unità di visione e
lettura, lettura al quadrato”.
Né è mai sfuggita, al filosofo, la
problematicità formale delle sue opere, ricondotte alla lezione
dell’astrattismo: “La forma come forma di sé e non forma di
altro (la “pulcrhritudo vaga” di Kant), insegnando che è
decisivo in arte è sempre il come, e non il che cosa: perché il
come, e non il che cosa fa bello o non bello un dipinto, fa bella o
non bella una poesia. Son tutte cose che Guadagnuolo sa
perfettamente, ma da isolato: che all’enunciazione dei programmi ha
sempre preferito l’esercizio concreto del disegnare, del lavorar su
lastra, del dipingere; e non per scontrosità, ma perché la sua
indole pensosa è poco incline a far gruppo, dai movimenti degli
ultimi anni, si chiamino, che so, iperrealismo o neomanierismo, si è
tenuto lontano: alla frequentazione degli artisti, diciamo cosi,
militanti, ha preferito quella della gente di studio, Nicola
Ciarletta, Mario Scotti, Ferruccio Ulivi; e piuttosto che far pittura
sulla pittura, ha fatto pittura sulla letteratura, cercando i propri
soggetti in Manzoni, in Hoffmannsthal, in Kafka”.
Forma, per Assunto, ontologicamente
ancorata alla storicità dell’uomo (il titolo di un suo libro,
Forma e destino del ’57, sarà in un certo qual modo parafrasato
dallo stimatissimo Giulio Carlo Argan nel ’65 nel noto volume
Progetto e destino), nutrita nel grembo placentare di “Filosofia e
arte, che s’incontrano non oltre l’arte, ma nell’arte (e
rispettivamente, sebbene in altra maniera, non oltre, ma nella
filosofia). Nell’arte che idoleggia il particolare sensibile
sollevandolo all’infinito, e nella sembianza terrena delle cose
decantata dalla loro accidentalità, afferma la verità del reale; ma
anche nell’arte quanto dona alle idee un aspetto di cose e le
sottopone al nostro contemplare. Celebrare al di sopra
dell’esperienza sensibile la fede in una soprasensibile connessione
delle cose, quando le aspirazioni artistiche traggono origine da
visioni e necessità matafisiche non orientate verso l’esigenza
corporea e la vita dei sensi; ma anche comportarsi in maniera
opposta: non solo nel traslocare in pura forma l’esistenza corporea
e la vita dei sensi, ma addirittura portando la forma nel vivo
dell’esistenza corporea, facendola partecipare ai travagli di
questa”. Concetti centrali, questi, del pensiero estetico
assuntiano, esperiti e verificati a più riprese con l’arte di
Francesco Guadagnuolo, soprattutto là dove (e ci riferiamo ai Cicli
più recenti, come Luoghi del tempo, Luoghi del corpo, Omaggio a
Federico Fellini, Omaggio a Pier Paolo Pasolini, Roma-New York New
York-Roma) parola ed immagine, arte e poesia, e perché no?
filosofia, eroticamente si compenetrano in opere ove grafie di poeti
e scittori, segni, colori e materiali variamente assemblati,
trascendono, nella e con la Forma (anche in questo caso
deliberatamente con lettera maiuscola) l’effimera precarietà
esistenziale.
E come in natura la creatività degli
elementi e dell’energia va a dispiegarsi nel tempo-spazio
einsteiniano in forme sempre nuove, irreversibili e divenienti, come
sono, cosi “i testi letterari che interpreta Guadagnuolo non
vogliono essere illustrazioni come ho già detto. L’interpretazione
è sempre personale ma non sovrappone il testo; anche noi quando
leggiamo c’è sempre un incontro, e un evento, direi con termine
kantiano “una sintesi a priori”. Anche nella fisica moderna, in
base al principio di indeterminazione di Heisenberg, un incontro di
soggetto ed oggetto, è un evento in cui il soggetto interprete mette
nell’interpretazione il proprio sentire, il proprio pensare e lo
rivive a modo suo […]. Quello che mi ha sempre colpito di
Guadagnuolo, oltre la versatilità, è l’originalità in tutto
quello che egli fa”.
Sapeva inoltre lucidamente cogliere
Rosario Assunto, di quest’arte, le ‘invenzioni linguistiche’,
discutendo ed approfondendo con l’autore alcune delle opere
progettate: “da qualche tempo sta lavorando ad un nuovo ciclo sullo
studio dell’opera di Marchel Duchamp riproponendo il progetto del
Grande vetro. Mi diceva nei nostri incontri, che ha in sé l’idea
della proiezione della quarta dimensione, concettualmente in un
insieme di lettere, curve, linee e forme geometriche basate sulle
trasparenze. Guadagnuolo, intraprende un ulteriore cammino, dove si
pone come inventore di forme e di segni, che modificano le condizioni
dello spazio e della percezione, attraverso il passaggio dalla luce
all’oscurità. Il ciclo delle opere, dedicate a Federico Fellini,
invece, sono, come potremmo dire, percorsi attraverso la sensualità
al mondo magico della poesia e ai sogni trasfigurati del regista. Un
percorso multimediale, tra arti visive e letteratura, che acquista un
nuovo significato estetico”.
Non hanno fatto in tempo i due nostri
interlocutori a parlare del ciclo Roma-NewYork/New York-Roma, da me
presentato nel ’95 a Roma, nello spazio di Castelli Arte, di cui
Rosario Assunto, tra l’altro, era Presidente onorario.
Il filosofo avrebbe altrimenti
riconosciuto in questi lavori più di una ‘risonanza magnetica’
con le sue innovative tesi urbanistiche ed architettoniche
esplicitate nei numerosi saggi raccolti nel volume La città di
Anfitrione e la città di Prometeo: “il mito di Anfitrione può
significare continuità della città come creazione artistica e del
suolo (che è anche paesaggio estetico) da cui nasce e ricava il
proprio sostentamento ed il mito di Prometeo come emancipazione
dell’uomo, padrone ormai di energie che gli consentiranno di
artificializzare il mondo […]. La contraddizione è tra la città
di Anfitrione, nella quale cuore poetico e mente operativa
coincidevano attorno a sé, raccogliendo le abitazioni dei cittadini,
in socialmente promiscua contiguità di sontuosi palazzi e modeste e
umili case, e la città di Prometeo: nella quale, il primato sempre
più esclusivo delle attività pratico-produttive, facenti capo alla
mente operativa, non può tollerare che sopravvivano le vestigia
delle antiche età. Potremmo allora provvisoriamente definirle:
poststoriche e posnaturali, nel senso che vengono dopo l’abrogazione
della storia e dopo la sconfessione della natura, l’espansione e la
trasformazione della prometeica metropoli odierna, giacché a
differenza delle trasformazioni storiche e naturali della città di
Anfitrione, la trasformazione e l’espansione della città di
Prometeo si pongono in contraddizione flagrante, esplosiva,
addirittura, con la conservazione della storicità cittadina nei
monumenti del centro storico, e con la conservazione della
natura-ambiente nel territorio infraurbano ed extraurbano”.
E se l’utopico pensiero di Rosario
Assunto (l’avvento, o quanto meno la ‘resistenza intelligente’
della città di Anfitrione) va a scontrarsi con il trionfo pragmatico
della città di Prometeo - vieppiù fisicamente oscena e kitsch, ed
invisibile operativamente (la nuova era di Internet insegna) – la
pacifica convivenza dei due miti è resa possibile da Francesco
Guadagnuolo persino nella “più prometeica” delle città
occidentali: New York.
L’immaginifica transrealtà di queste
opere, ancora prepotentemente fisica e prometeica nei materiali usati
(carta, colori, radiografie, CD-ROM, fotografie, etc.), sa
ricomporre, infatti, nell’orfica musicalità formale di Anfitrione,
la dimensione umana di una città ed un’arte nate dalla ragione ed
all’esclusivo servizio del pensiero poetante assuntiano. A ben
guardare queste impeccabili finestre virtuali aperte sullo status
symbol della mitogenia americana (dal volto di Marylin a quello di
J.F.Kennedy, dal marchio della Coca Cola al dollaro, icone indelebili
della città di Prometeo) così ben devitalizzata dalla dissacrante
banalizzazione della Pop Art, non si scorge la semplice somma
aritmetica di scrittura + immagine, bensì si scopre l’algoritmo di
un’iperbole esponenziale ed olistica in cui il risultato finale
tende ad un qualche infinito orizzonte estetico – (della Bellezza
come assoluto, proclamata nell’omonimo libro di Rosario Assunto) –
praticabile dalla creatività umana.
Francesco Guadagnuolo, alla stregua di
Hermes (il messaggero degli dei per antonomasia) costruisce cosi, un
unico ponte visivo tra le due rive assai distanti della scrittura
lineare e della pittura, riconducendo ad una primigenia matrice
simbolica il suono (della parola) ed il segno (della scrittura)
adesso liberamente fluenti uno nell’altro, con i loro improvvisi
trasalimenti cromatici, con le continue inter-azioni grafiche, con le
atipiche tessere musive di un originalissimo ipertesto visivo
multimediale. In breve, un’artepoesia a-virtuale e a-programmabile
da qualsivoglia software, tanto cariche di chiarificatori messaggi
sono queste opere dalle caleiscopiche e cristalline empatie, ora
vaganti tra le ‘cuspidi’ dei grattacieli di New York, ora
scaraventate nella brulicante ‘atmosfera al neon’ della subway.
Non fosse altro che per questa sola
ragione, ha fatto allora bene Rosario Assunto a richiamare nella
platonica Repubblica, e con l’onore dovuto, gli esiliati poeti ed
artisti, protagonisti in assoluto delle opere di Guadagnuolo,
“Intendiamo, ripeto, apologizzare la poesia. Apologizzarla, lo dico
subito, contro l’accusa del Decimo libro della Repubblica: che oggi
ritorna capovolta, nel senso che l’accusa antica di mendacio (la
poesia come un’offesa della verità) si tramuta in chiamata in
giudizio nel nome di una realtà – sociale e biologica o
sociobiologia – ai cui mancamenti la poesia si farebbe complice.
[…] La poesia come realtà e non illusione: realtà della parola
perché realtà come parola. Parola che nominando il mondo, questo
nostro effimero mondo di cose, questa caducità di presenze
passeggere, lo riscatta liberandolo, appunto, dal suo esser caduco, e
nelle figure che popolano la nostra giornata, ci fa scoprire più e
altro che non le ombre fluttuanti nel fondo della caverna: anzi, la
stessa verità”.
La grande mostra “Luoghi del tempo”
realizzata da Francesco Guadagnuolo con l’apporto concertante delle
poesie autografe dei più noti poeti italiani (in proposito rileva
ancora Rosario Assunto: “Francesco Guadagnuolo sviluppa i rapporti
tra arti visive e letteratura attraverso l’armonia tra segno e
parola. Il legame tra pittura e poesia è costruito proprio sulla
grafia degli autori dei componimenti presentati nei dipinti. Tra i
tanti poeti che hanno partecipato cito: Giovanni Raboni, Franco
Fortini, Mario Luzi, Attilio Bertolucci, Elio Pagliarani, Franco Loi,
Andrea Zanzotto, Guido Ballo, Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi.
Le poesie autografe acquistano valore grafico diventando costituenti
delle tavole pittoriche in connessione al supporto scrittorio”).
Ricordo l’opera con la poesia di Mario Luzi, il mio pensiero va a
chi, per tutta una vita, ci ha insegnato con ostinazione, molta
ostinazione, che: “a fondamento di ogni apologizzazione della
poesia sta invece, senza riserve: “In principio era il Logos”. E
Logos vuol dire insieme pensiero e parola. Vuol dire: poesia pensante
nella parola, pensiero poetante come parola».
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