Le
opere della pittrice marguttiana esposte dal 12 giugno
5
ottobre alla mostra “Artiste
del novecento tra visione e identità ebraica”
Nell’anno in cui la Giornata Europea della Cultura Ebraica (14 settembre 2014) ha come tema “La donna nell’ebraismo” la Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale di via Crispi offre al pubblico un percorso espositivo con opere di artiste ebree italiane che è una riflessione sull'identità di genere, sullo spazio e sul ruolo della donna.
Nell’anno in cui la Giornata Europea della Cultura Ebraica (14 settembre 2014) ha come tema “La donna nell’ebraismo” la Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale di via Crispi offre al pubblico un percorso espositivo con opere di artiste ebree italiane che è una riflessione sull'identità di genere, sullo spazio e sul ruolo della donna.
Marina Bakos, una delle curatrici della
mostra, scrive:
“Un raffinato quanto sapiente
sfruttamento del colore sono la forza della personalità artistica di
Eva Fischer che tesse architetture d’incanto, siano esse ricche di
figure, case, barche, biciclette. Nei bozzetti per le vetrate del
Tempio Maggiore di Roma l’eleganza del segno, lieve e calibrato,
contorna forme fantastiche dense di luce: Roma e le Quattro Città
Sante, Gerusalemme, Hebron, Safed e Tiberiade, sono rette da linee
impercettibili e da colori che si sommano gli uni sugli altri,
dilagano in liquide trasparenze, accese da lampi improvvisi, a volte
caldi spesso cristallini. La materia è trasfigurata: è luce che da
fisica si fa spirituale e attende solo che la fragilità del vetro la
renda metafora visiva della trascendenza: “ realtà mistica che
attraversa la finestra”.
Salvatore Fornari, allora direttore del
Museo Ebraico, chiese in un primo momento a Chagall di eseguire i
bozzetti ma il maestro rispose: “Io sono vecchio e poi voi avete la
Fischer!”. Nel 1962 nelle vetrate della sinagoga di Hadassah egli
si era affidato al tema delle dodici tribù di Israele per sviluppare
magistralmente quell’individualità così consona ad un sentire
ebraico: al colore, ispirato alle pietre preziose del pettorale del
sommo Sacerdote, lasciò il compito di un irradiare misterioso, una
forza evocatrice, una ricchezza simbolica. Anche Eva ancora
saldamente le sue architetture alla storia e alla spiritualità del
suo popolo attraverso una metafora collettiva e allo stesso tempo
individuale: ciascuna delle città, emblema di una sacralità corale,
sono identificate dai quattro elementi (acqua, fuoco, terra, aria)
che caratterizzano l’anima di quell’equilibrio di tinte, di
sfumature, di abbagli cromatici dai quali emerge il sublimare delle
forme. Il quinto bozzetto, Roma, ha la consistenza del sogno, la
brillantezza della speranza, la solidità fragile della rinascita:
omaggio ad una città che da secoli riconosce nell’ebraicità un
nucleo portante e insostituibile per la vita e la cultura cittadina.”
Nata nel 1920 nella ex-Jugoslavia da
famiglia ungherese, dall’immediato dopoguerra Eva sale alla ribalta
della cultura mitteleuropea ma allo stesso tempo italiana. Colorista
ed oggi ultima rappresentante la scuola romana del dopoguerra, fra le
sue tematiche restano celebri le personalizzazioni delle biciclette,
i paesaggi mediterranei, i mercati rionali romani, ma anche quel
diario tenuto segreto anche ai suoi familiari per quasi 40 anni, con
tutta la drammaticità del periodo delle deportazioni, che non l’ha
mai abbandonata. La crudeltà nazista strappò ad Eva oltre trenta
parenti tra i quali il padre Leopold, rabbino capo e grande
talmudista.
Eva Fischer, che con la sua
fertilissima attività esposta in ogni angolo del mondo – non
ultimo lo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme -
funge appunto da trait d’union tra alcune antiche nazioni europee,
attraverso la storia e la cultura dalla seconda guerra mondiale ad
oggi.
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