I Ricordi di Lino Manocchia
Jack La Motta |
NEW YORK, – Il 10 luglio
del 1921 nasceva, da padre di origine messinese e madre triestina,
Jake LaMotta, all’anagrafe Giacobbe La Motta e nella storia
del pugilato il “Toro del Bronx” che ha ispirato il film
“Toro scatenato” (1980) diretto da Martin Scorsese e interpretato
da Roberto De Niro, insignito del premio Oscar come migliore attore
protagonista, e tratto dal memoriale del pugile “Raging Bull”
(1970).
Il “Toro”, personaggio assai
controverso dentro e fuori del ring, risiedeva in una magnifica
villetta lungo la Fordham Road, nel Bronx, zona eminentemente
italiana, a poche centinaia di metri dalla casa del vostro cronista,
con il quale sovente si intratteneva.
Il pugile oggi ha raggiunto 93 anni,
dopo una infanzia povera e spericolata nel Bronx, il riformatorio a
16 anni, i primi pugni in palestra, un programma di protezione
dall’alcool domato a fatica, quattordici stagioni di boxe, 106
combattimenti, un titolo mondiale dei Pesi Medi detenuto per 612
giorni e la recente simbolica proclamazione di “mascella più
resistente nella storia della boxe”. Fu il primo pugile a battere
il mitico Sugar Ray Robinson; nel secondo dei loro sei memorabili
incontri, prima lo mandò al tappeto all'ottavo round e poi vinse ai
punti dopo 10 round. LaMotta fu sconfitto negli altri cinque
incontri.
LaMotta era solito ricordare questi
particolari, ampliandoli con dettagli e aneddoti. E un giorno il
cronista, curioso di conoscere le sfaccettature della vita e
della carriera del grande campione, chiese a Jake: Tu hai combattuto
con il prodigioso Sugar Ray Robinson. Hai mai avuto timore di
incontrarlo?
«Io sono stato messo K.o. soltanto
dalle mogli - rispondeva con aria altezzosa - Ho disputato più
di cento incontri, ma nemmeno il grande Robinson è mai riuscito a
stendermi». Ed aggiunse: «Confesso che per arrivare al titolo ho
accettato anche una”combine”. Temevo sempre di ingrassare (come
dimostra anche De Niro che ingrassò di 30 chili per girare il film;
ndr). Durante la mia carriera ho smaltito due tonnellate». Quindi
proseguiva: «Oggi ci sono pugili che arrivano a disputare un
campionato del mondo dopo venti incontri, ma mezzo secolo fa le
categorie erano soltanto otto e altrettanti i titoli. Farsi largo non
era facile»
E’ storia il fatto che LaMotta
lasciò alle spalle oltre 80 combattimenti e che nel 1947 era
ancora in fila quando accettò di combattere, su spinta del “padrone”
Carb, con il mediocre Billy Fox, e dovette cedere alla quarta
ripresa. Fu il lasciapassare della mafia per il valido
candidato.
Comunque, LaMotta più che un uomo sul
ring era una tigre, aggressivo e potente, solido e spietato, ma anche
nella vita si abbandonava sovente alla rivolta, non risparmiando
nemmeno qualcuna per delle proprie mogli, specialmente Vicky, la
seconda, un’affascinante bionda di cui Jake era gelosissimo.
LaMotta il 14 febbraio 1951 mise in palio il titolo a Chicago
contro Robinson. Fu la sesta e ultima sfida tra i due che
Sugar si aggiudicò al 13mo round per K.O. tecnico. Quella del
combattimento di Chicago fu una delle sequenze più intense e
drammatiche di “Toro scatenato”. La sconfitta di fronte a
Robinson chiuse in pratica la carriera di Jake che perse la metà
degli ultimi dieci incontri, prima di ritirarsi nel ’54.
Oggi il campione non beve più, fa
dieta, l’unico vizio conservato è quello di fumare grossi sigari e
di…sposarsi. La sua fortuna è praticamente scomparsa insieme ai
mezzo miliardo di dollari concessi dai produttori di “Toro
scatenato” e per gli alimenti da versare alle sue ex mogli, le
uniche, come egli ci ha detto, «capaci di metterlo al tappeto».
Gli restano però 106 incontri, tra
cui sei leggendarie sfide con l’impareggiabile Sugar Ray, con
83 vittorie (30 per ko), 3 pareggi e 19 sconfitte.
Il cronista ricorda il periodo in cui
il famigerato Frank Carbo teneva le briglie dei piccoli e grandi
campioni guantati e un giorno chiese al connazionale campione: Ma
questo Frank Carbo chi è?
Con una smorfia soffocata, seguita da
un sorriso quasi infantile, Jack cercò di descrivere il misterioso
Capo dei capi del pugilato mondiale.
«Si chiamava Frank Carbo,
soprannominato “Mister Grigio” perchè vestiva invariabilmente di
grigio, dalla testa ai piedi», si limitò a dire.
E’ ovvio che Jack non avrebbe mai
detto che Frank Carbo, nato Paolo Giovanni ad Agrigento, per
una indefinita serie di atti illegali apparteneva alla “Famiglia
d’onore” oltre ad essere uno spietato killer.
Jake LaMotta con l'ultima moglie, Denise Baker
Non si può chiudere un brano di storia
personale di Jake LaMotta senza citare il record che detiene con le
sue sette mogli, l’ultima delle quali la meravigliosa Denise Baker,
60 anni più giovane, sposata a Bisbee (Arizona) nel gennaio 2012
all’età di 90 anni, e dei due figli, uno deceduto per cancro e il
più giovane, Giuseppe, morto in seguito ad incidente aereo in
Scozia. Come noto Jake è stato proprietario anche di night club,
scrittore di libri, uno dei quali firmato con Nino Benvenuti, che
ammira ed esalta.
Non si può dimenticare che Jack fu un
“super superstizioso” e non sarebbe mai salito sul ring senza
indossare il suo lussuoso accappatoio in pelle di leopardo
mentre durante i massaggi nello spogliatoio ordinava al figlio di
tirargli l’orecchio sinistro. Curiosità? Non per il vecchio Jake
che al ricordo del dettaglio, sorride soddisfatto: «Ero riuscito a
sfatare la scaramanzia. Anche quella è una vittoria da includere nel
palmares».
LaMotta ama rievocare certi dettagli
della sua carriera. Per esempio, com’è che salisti sul palco
cordato per diventare pugile?
«Ero teenager e frequentavo amici che
trovavano sempre qualche cosa per prendermi in giro. Loro erano in
maggioranza, ma io un po’ alla volta persi la pazienza. Non mi
ascoltavano, e un bel giorno presi un punteruolo che si usa per
spezzare blocchi di ghiaccio e iniziai a pizzicare i più prepotenti.
Subito si calmarono e mi considerarono un ottimo combattente.
Quell’episodio mi sospinse a salire sul ring».
In occasione del suo 90mo anniversario
il cronista lo chiamò al telefono e tra l’altro gli chiese: Jake
ora sei una” leggenda vivente” ma rifaresti tutto quello che hai
fatto sino ad oggi?
«Tutto, sì tutto quello che ho fatto,
dalla A alla Zeta, senza ripensarci un secondo».
LaMotta è fatto così!
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