LA MOTTA E ROBINSON: I GRANDI NELLA STORIA


di Lino Manocchia
Due leggende del pugilato mondiale così uguali, così diverse: La Potenza e l'Eleganza
NEW YORK, 13.5.2013 - Nei miei ricordi di vita vissuta i giornalisti occupano una posizione preminente. Sono coloro che non fanno mai la fila, che conoscono il tale o tal’altro campione e sono per lo piu’ gente che fa quello che vuole e sa, con esattezza, valutare le opportunita’, i commenti buoni, ed attraverso il sinuoso infiltrarsi di conoscenze si trovano un po’ dappertutto.

Correva il 1980 ed il cronista una sera partecipo’ ad una riunione tenutasi al Boxing Club di New York onde onorare Jacke La Motta, Marcel Cerdan e Ray Robinson, e concedere - in segno delle brillanti esibizioni- i meritati segni di riconoscimento. Per l’occasione Nat Fleisher - decano della stampa sportiva- assegno’ alla memoria del francese Cerdan, una medaglia vermeille per le migliori imprese compiute durante l’anno pugilistico 1948.
Successivamente Nat presento’ Jacke La Motta, che incidentalmente possedeva una villetta sulla Neill Avenue del Bronx, dove abitava, ad un tiro di fucile, anche il cronista, augurando al “Toro del Bronx” di contare sul trofeo per la vittoria del prossimo incontro, e per il combattimento conquistato a Detroit il mese scorso.
Il “Toro del Bronx”, Giacobbe “Jake” La Motta, figlio di oriundo messinese ha nel suo palmares 30 K.O. su 84 incontri sostenuti. Avvicinato Jack, gli rivolsi alcune domande alle quali La Motta rispose con la sua calma sconcertante e convincente.
Forse, gli chiesi, puoi dirmi qualcosa di Sugar Ray Robinson? Solo tu puoi analizzare questo grande campione!...
“Il primo incontro con Ray fu per me una straordinaria esibizione durante la quale ero talmente teso di nervi che non conclusi nulla di eccezionale,girando continuamente intorno al ring, non
riuscendo ad assestare nessun buon colpo. Il secondo nostro incontro ebbe luogo durante l’inverno. Mi ero allenato a correre sul ghiaccio ed ero in ottima forma. Quella volta non diedi tregua al negro. Lo tempestai di pugni al viso e al corpo e al settimo round saggio’ il duro del canovaccio rialzandosi al conto di nove , e vinsi per decisione, facendo scrivere sul palmares del negro la sua prima sconfitta, alla quale doveva far seguito una seconda, sempre a Detroit, dove vinsi per un solo punto di scarto”.
Chiesi allora al pugile di descrivere l’ultimo dei cinque incontri sostenuti contro il “dolce Robinson che avvenne a Chicago e questo fu il piu’ importante.
Anche questa volta riuscii a fermare il neo campione che mi dichiarò: “Con te non combattero’ piu”. Per tre giorni il mio corpo ha sanguinato internamente”
A questo punto Jacke si chiedeva: ”combattero’ piu’ con Ray Robinson?” C’era anche il manager del pugile Bellois al quale chiedemmo di darci una sua opinione su Robinson.
“Ray e’ il miglior boxeur che io abbia veduto, ma il suo punto debole e’ il corpo. Egli e’ come attratto dai colpi al petto e ne risente le conseguenze” .
“Il giovane nero”, sentenziava Walker, ”non si ferma con gli swing al mento, ma con i colpi secchi al corpo e Jacke La Motta e’ un asso in merito.”
Anche Steve Bellois, il pugile della scuderia Walker, cedette per una sua interpretazione di Sugar Ray: ”E’ bravo superlativamente, insuperato ed insuperabile. L’abilita’ di Robinson poggia sopratutto sul sapersi adattare allo stile dell’avversario, specie dopo il primo round; durante il quale il negro studia il rivale ed il piano per abbatterlo.”
Fa parte della storia di Robinson il fatto che nei suoi 10 anni di carriera pugilistica ha fatto grandi passi sconfiggendo uno dopo l’altro 108 avversari dei 173 incontrati e non si puo’ considerare campata in aria la sua aspirazione di voler diventare campione dei medio massimi.
Alla domanda se intendeva tentare il colpo dei medio massimi con Ezzard Charles, Ray con la sua modestia e con un pizzico di ironia, rispondeva:
“Le mie 53 libbre (68 Kg) sono ben poca cosa di fronte alle 178 (80chili) di Charles, anche se, a prima vista, la figura del campione possa sembrare esile”.
Ma il 3 maggio 1989 Walker Smith Ray Robinson, appendeva i guantoni per intraprendere la via che lo conduceva nell’Al di là per il suo piu’ grande e valido combattimento.
Gli sopravvive un altro indimenticabile, inimitabile campione dei medi, Jacke La Motta, che il 10 luglio si accontentera’ di sferrare colpi carichi di ricordi, salutando la sua 91ma primavera, e trascorrendo il tempo, rievocando il suo passato, spesso visitato da amici come Vito Antuofermo, l’oriundo di Palo del Colle (oggi 60enne) che sostenne sotto la guida di Carmine Tarantino vari incontri (50 vittorie - 21 per K.O - 7 sconfitte) vincendo anche il titolo dei medi in un incontro romano. Vito oggi e’ titolare di una ditta che allestisce giardini nel Long Island. Ma ci dicono che Jacke, recentemente, non lo riconobbe e lo chiamo’ Antonio anziche’ Vito.
Che peccato!

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