di Lino Manocchia
Mario Andretti, il pilota del secolo,circa cinque anni orsono, nel corso di una cerimonia privata, ricevette dalle mani del Console generale italiano la Croce e il diploma di Commendatore, Ordine al Merito della Repubblica italiana. L’oriundo italiano, divenuto famoso nel mondo sportivo, è il secondo personaggio del “Circolo delle quattro ruote” che si fregia di una così alta onorificenza.
«Il “titolo” che il Console mi ha da poco consegnato,» ci disse Mario, «ha un grande significato per me. Soltanto il Comm. Ferrari aveva ottenuto simile conferimento: In Inghilterra soltanto i drivers Jack Stewart, Stirling Moss, Jack Brabham e John Surtees sono stati onorati dalla Regina. Conserverò questo importante “segno” tra le più belle vittorie della mia carriera. E ne sono orgoglioso.»
Questo, dunque, il commento del neo Commendatore.:" Professionista serio, coraggioso, generoso, istriano d’origine, idolo d’America, salito anche alla gloria di Indianapolis, e divenuto campione del mondo non su una macchina Ferrari, e questo dispiace a me quanto, credo, a lui e ai suoi tanti sostenitori. Al suo nome sono legate alcune delle più belle vittorie Ferrari…
Così Enzo Ferrari descrive il campione nel suo libro “Piloti che gente”: «Sospinto da una grande voglia di vincere, una voglia straripante, assoluta, cocciuta, senza ripensamento di comodo o di calcolo, di arrivare al vertice. Mario Gabriele Andretti, detto “Piedone” è sempre stato così.
Questo suo entusiasmo straripante,Andretti ha saputo trasmetterlo anche al figlio Michael,erede di patrimonio inestimabile,tramandato dal defunto papa' Gigi e raccolto dai gemelli Aldo e,appunto, Mario che ha raggiuntro la soglia di....... primavere ed il mondo sportivo,la stampa unanime,gli ex amici e nemici lo acclamano come il "pilota del secolo ed il piu' grande tra i grandi"
Da “rookie” ad Indy, o quando a 38 anni divenne campione del mondo di F.1 . Mario, che ha raggiunto la soglia delle 66 primavere è stato acclamato dalla stampa unanime, dagli ex nemici/ed amici come “il pilota del secolo ed il più grande tra i grandi”.Occupato com'e' con il suo"business" rombante, Mario rifugge spesso da coctayl,cene e "scampagnate. Ma ogni tanto, nella magnifica Vigna che sorge a Napa Vally, il cuore del vino americano, il figlio Michael, patron della Andretti corse,impegnato nella Indycar, organizza una riunione alla quale intervengono giornalisti,amici patron di team, e piloti per sturare diverse bottiglie "speciali che si fregiano del nome Andretti.Quest'anno la data e' fissata per il 26 di agosto, e Mario attende di ritrovarsi con amici per rievocare piu' di mezzo secolo vissuto tra p;iloti e motori e brindare...al futu
LA SUA “WAY OF LIFE” e'’ americana, ma le radici istriane gli sono rimaste appiccicate. Cuore, patria e famiglia hanno ancora un peso per il grande Andretti, mai dimenticato dagli appassionati italiani. «Sono finito negli Stati Uniti,» ama ricordare l’ex campione del mondo, «a causa della politica internazionale. Sono nato a Montona, vicino Trieste. Dopo la seconda guerra mondiale, mio padre divenne amministratore di sette fattorie. Ereditò della terra e disponevamo di parecchi soldi, una fortuna in quel periodo così difficile. Eravamo una famiglia borghese che esportava vino e farina. Un giorno all’improvviso arrivarono gli jugoslavi e ci dissero: “quello che è tuo è mio, se non vi piace andateve.” Naturalmente scappammo trovando accoglienza in un campo di profughi di Lucca dove rimanemmo dal 1948 al 1955. Poi emigrammo in America.» Esattamente a Nazareth, un piccolo centro sconosciuto della Pensilvania, divenuto famoso nel mondo proprio grazie ad Andretti che tuttora vive li, dove gli hanno dedicato anche una strada: la “Victory lane”.
«L’automobilismo, i grandi piloti, mi hanno sempre attratto, fin da bambino. Sono convinto che il desiderio di correre in macchina, l’istinto tipico del pilota, lo si possieda sin dalla nascita, lo si abbia nei cromosomi. Ritengo inoltre che la passione, l’abnegazione, il carattere che occorrono per diventare piloti professionisti non si possono insegnare. Negli anni settanta guidavo tutto quello che mi capitava tra le mani, dalla F.1 alle Midget. Il limite è determinato dal feeling che si instaura con il proprio mezzo o siamo noi che lo definiamo? Chi può dire che non potrebbe essere altro al punto che noi riteniamo insuperabile? Già, chi lo può dire?»
- Nel 1961 un americano, Phil Hill conquistò il mondiale piloti di F.1 al volante di una Ferrari. Dopo 17 anni, un tempo sufficiente perché un Paese come gli Stati Uniti dimenticasse sia Phil Hill sia la F.1, Mario ricordò agli americani che c’era qualcosa d’altro nel mondo oltre alle piste ovali.
«Non so se potrò mai descrivere quello che rappresenta per me il titolo di campione del mondo della F.1,» ama ripetere Andretti con intensità e sincerità.» Gli storici della Formula uno sono convinti che dall’associazione di Andretti e Colin Chapman nacque il miracolo della rinascita Lotus. Un team che, dopo essere stato abbandonato da Emerson Fittipaldi sembrava essere divenuto una succursale dell’hobby preferito di Chapman, le barche, cui il geniale tecnico inglese dedicava gran tempo. Ma Mario non ha nessuna voglia di ritenersi un pensionato. Oltre alla Vineria della California che produce vini squisiti,compreso il rosso "Montona" in onore della sua citta' natale, Mario dirige una frequentatissima scuola guida ed è il ”portavoce” di associazioni ed enti sportivi. Si vede proprio che non ne può più, sente il bisogno di tornare alla guida di una macchina da corsa dopo vari anni trascorsi fremendo sui muretti dei box per seguire il nipotino Marco che ha anch’egli voglia…di F.1.
Quel “piedone” destro che non spinge più come un tempo deve sembrargli inutile, e gli ricorda le innumerevoli pole, le vittorie in piste mitiche come lui:Watkins Glen, Indianapolis,Michigan dove registrò la 65ma vittoria della sua carriera alla media record di 230/125 miglia all’età di 42 anni.
A proposito ricordiamo un aneddoto. Anni Sessanta. Si correva a Trenton, un ovale del New Jersey, ed era presente Jim Clark: Jimmy il quale partito settimo fu costretto a respirare la polvere di Andretti in pole position. A metà gara, Clark si fermò col motore fumante. Lo avvicinammo e gli chiedemmo: “Jimmy che ne pensi di Andretti”? “It is a big foot”, ovvero ha il piede pesante. Da quel giorno Mario divenne il proverbiale “Piedone”.
Mario,- Parliamo di F.1, della Ferrari, di un rapporto che non decollò mai. Perché?
«Quando ero libero io, loro erano impegnati. Fu una situazione balorda. Alla fine del 1977 andai a Maranello per parlare col Commendatore, pur essendo legato da un contratto con Colin Chapman. Cercai di liberarmi pur sapendo che Colin mi avrebbe fatto causa.. “Lasciali parlare, disse Ferrari, noi abbiamo avvocati potenti.” Ma tornato in America, con sorpresa all’aeroporto mi trovai davanti Chapman che con tanta gentilezza mi chiese di non lasciarlo. E così fu.»
Beh, non andò poi male, considerando che proprio nel 1978 Andretti vinse il titolo con l’imbattibile Lotus 79 e la Ferrari si trovò ad arrancare. Curiosamente, l’ultima volta che Andretti salì su una monoposto di F.1 fu con una Ferrari, la 126 C2. La guidò a Monza e Las Vegas nel 1982, a 42 anni, per sostituire l’infortunato Pironi. Quando Mario ricevette la chiamata non ci pensò due volte a volare in Italia. Giunto a Maranello all’ora di pranzo affrontò un mastodontico pranzo, poi salì in macchina e segnò il record di Fiorano. A Monza ottenne una incredibile pole ed in gara finì terzo. A Las Vegas andò peggio. Da allora, Mario le F.1 le ha viste soltanto dai box.
Un salto nel passato?
«Avevo 13 anni e già avvertivo un certo prurito al piede destro. I miei idoli a quei tempi erano Fangio, Castellotti, Moss ed Ascari, che ebbe grande influenza sulla mia decisione di dedicarmi a questo sport. La mia prima gara fu ad Ancona. Era di F.Junior e da quel momento non ebbi più pace. Son trascorsi 60 anni dai primi contatti col volante.» E sono tanti!!….
Mario Andretti, il pilota del secolo,circa cinque anni orsono, nel corso di una cerimonia privata, ricevette dalle mani del Console generale italiano la Croce e il diploma di Commendatore, Ordine al Merito della Repubblica italiana. L’oriundo italiano, divenuto famoso nel mondo sportivo, è il secondo personaggio del “Circolo delle quattro ruote” che si fregia di una così alta onorificenza.
«Il “titolo” che il Console mi ha da poco consegnato,» ci disse Mario, «ha un grande significato per me. Soltanto il Comm. Ferrari aveva ottenuto simile conferimento: In Inghilterra soltanto i drivers Jack Stewart, Stirling Moss, Jack Brabham e John Surtees sono stati onorati dalla Regina. Conserverò questo importante “segno” tra le più belle vittorie della mia carriera. E ne sono orgoglioso.»
Questo, dunque, il commento del neo Commendatore.:" Professionista serio, coraggioso, generoso, istriano d’origine, idolo d’America, salito anche alla gloria di Indianapolis, e divenuto campione del mondo non su una macchina Ferrari, e questo dispiace a me quanto, credo, a lui e ai suoi tanti sostenitori. Al suo nome sono legate alcune delle più belle vittorie Ferrari…
Così Enzo Ferrari descrive il campione nel suo libro “Piloti che gente”: «Sospinto da una grande voglia di vincere, una voglia straripante, assoluta, cocciuta, senza ripensamento di comodo o di calcolo, di arrivare al vertice. Mario Gabriele Andretti, detto “Piedone” è sempre stato così.
Questo suo entusiasmo straripante,Andretti ha saputo trasmetterlo anche al figlio Michael,erede di patrimonio inestimabile,tramandato dal defunto papa' Gigi e raccolto dai gemelli Aldo e,appunto, Mario che ha raggiuntro la soglia di....... primavere ed il mondo sportivo,la stampa unanime,gli ex amici e nemici lo acclamano come il "pilota del secolo ed il piu' grande tra i grandi"
Da “rookie” ad Indy, o quando a 38 anni divenne campione del mondo di F.1 . Mario, che ha raggiunto la soglia delle 66 primavere è stato acclamato dalla stampa unanime, dagli ex nemici/ed amici come “il pilota del secolo ed il più grande tra i grandi”.Occupato com'e' con il suo"business" rombante, Mario rifugge spesso da coctayl,cene e "scampagnate. Ma ogni tanto, nella magnifica Vigna che sorge a Napa Vally, il cuore del vino americano, il figlio Michael, patron della Andretti corse,impegnato nella Indycar, organizza una riunione alla quale intervengono giornalisti,amici patron di team, e piloti per sturare diverse bottiglie "speciali che si fregiano del nome Andretti.Quest'anno la data e' fissata per il 26 di agosto, e Mario attende di ritrovarsi con amici per rievocare piu' di mezzo secolo vissuto tra p;iloti e motori e brindare...al futu
LA SUA “WAY OF LIFE” e'’ americana, ma le radici istriane gli sono rimaste appiccicate. Cuore, patria e famiglia hanno ancora un peso per il grande Andretti, mai dimenticato dagli appassionati italiani. «Sono finito negli Stati Uniti,» ama ricordare l’ex campione del mondo, «a causa della politica internazionale. Sono nato a Montona, vicino Trieste. Dopo la seconda guerra mondiale, mio padre divenne amministratore di sette fattorie. Ereditò della terra e disponevamo di parecchi soldi, una fortuna in quel periodo così difficile. Eravamo una famiglia borghese che esportava vino e farina. Un giorno all’improvviso arrivarono gli jugoslavi e ci dissero: “quello che è tuo è mio, se non vi piace andateve.” Naturalmente scappammo trovando accoglienza in un campo di profughi di Lucca dove rimanemmo dal 1948 al 1955. Poi emigrammo in America.» Esattamente a Nazareth, un piccolo centro sconosciuto della Pensilvania, divenuto famoso nel mondo proprio grazie ad Andretti che tuttora vive li, dove gli hanno dedicato anche una strada: la “Victory lane”.
«L’automobilismo, i grandi piloti, mi hanno sempre attratto, fin da bambino. Sono convinto che il desiderio di correre in macchina, l’istinto tipico del pilota, lo si possieda sin dalla nascita, lo si abbia nei cromosomi. Ritengo inoltre che la passione, l’abnegazione, il carattere che occorrono per diventare piloti professionisti non si possono insegnare. Negli anni settanta guidavo tutto quello che mi capitava tra le mani, dalla F.1 alle Midget. Il limite è determinato dal feeling che si instaura con il proprio mezzo o siamo noi che lo definiamo? Chi può dire che non potrebbe essere altro al punto che noi riteniamo insuperabile? Già, chi lo può dire?»
- Nel 1961 un americano, Phil Hill conquistò il mondiale piloti di F.1 al volante di una Ferrari. Dopo 17 anni, un tempo sufficiente perché un Paese come gli Stati Uniti dimenticasse sia Phil Hill sia la F.1, Mario ricordò agli americani che c’era qualcosa d’altro nel mondo oltre alle piste ovali.
«Non so se potrò mai descrivere quello che rappresenta per me il titolo di campione del mondo della F.1,» ama ripetere Andretti con intensità e sincerità.» Gli storici della Formula uno sono convinti che dall’associazione di Andretti e Colin Chapman nacque il miracolo della rinascita Lotus. Un team che, dopo essere stato abbandonato da Emerson Fittipaldi sembrava essere divenuto una succursale dell’hobby preferito di Chapman, le barche, cui il geniale tecnico inglese dedicava gran tempo. Ma Mario non ha nessuna voglia di ritenersi un pensionato. Oltre alla Vineria della California che produce vini squisiti,compreso il rosso "Montona" in onore della sua citta' natale, Mario dirige una frequentatissima scuola guida ed è il ”portavoce” di associazioni ed enti sportivi. Si vede proprio che non ne può più, sente il bisogno di tornare alla guida di una macchina da corsa dopo vari anni trascorsi fremendo sui muretti dei box per seguire il nipotino Marco che ha anch’egli voglia…di F.1.
Quel “piedone” destro che non spinge più come un tempo deve sembrargli inutile, e gli ricorda le innumerevoli pole, le vittorie in piste mitiche come lui:Watkins Glen, Indianapolis,Michigan dove registrò la 65ma vittoria della sua carriera alla media record di 230/125 miglia all’età di 42 anni.
A proposito ricordiamo un aneddoto. Anni Sessanta. Si correva a Trenton, un ovale del New Jersey, ed era presente Jim Clark: Jimmy il quale partito settimo fu costretto a respirare la polvere di Andretti in pole position. A metà gara, Clark si fermò col motore fumante. Lo avvicinammo e gli chiedemmo: “Jimmy che ne pensi di Andretti”? “It is a big foot”, ovvero ha il piede pesante. Da quel giorno Mario divenne il proverbiale “Piedone”.
Mario,- Parliamo di F.1, della Ferrari, di un rapporto che non decollò mai. Perché?
«Quando ero libero io, loro erano impegnati. Fu una situazione balorda. Alla fine del 1977 andai a Maranello per parlare col Commendatore, pur essendo legato da un contratto con Colin Chapman. Cercai di liberarmi pur sapendo che Colin mi avrebbe fatto causa.. “Lasciali parlare, disse Ferrari, noi abbiamo avvocati potenti.” Ma tornato in America, con sorpresa all’aeroporto mi trovai davanti Chapman che con tanta gentilezza mi chiese di non lasciarlo. E così fu.»
Beh, non andò poi male, considerando che proprio nel 1978 Andretti vinse il titolo con l’imbattibile Lotus 79 e la Ferrari si trovò ad arrancare. Curiosamente, l’ultima volta che Andretti salì su una monoposto di F.1 fu con una Ferrari, la 126 C2. La guidò a Monza e Las Vegas nel 1982, a 42 anni, per sostituire l’infortunato Pironi. Quando Mario ricevette la chiamata non ci pensò due volte a volare in Italia. Giunto a Maranello all’ora di pranzo affrontò un mastodontico pranzo, poi salì in macchina e segnò il record di Fiorano. A Monza ottenne una incredibile pole ed in gara finì terzo. A Las Vegas andò peggio. Da allora, Mario le F.1 le ha viste soltanto dai box.
Un salto nel passato?
«Avevo 13 anni e già avvertivo un certo prurito al piede destro. I miei idoli a quei tempi erano Fangio, Castellotti, Moss ed Ascari, che ebbe grande influenza sulla mia decisione di dedicarmi a questo sport. La mia prima gara fu ad Ancona. Era di F.Junior e da quel momento non ebbi più pace. Son trascorsi 60 anni dai primi contatti col volante.» E sono tanti!!….
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