I colossi dello Sport
Lo scrivente, ospite della zia - Bonella Spadacci, maritata con Aldo Tanganelli, ricco commerciante di stoffe in tutta la Toscana -, francamente era alquanto confuso di fronte alla decisione, coraggio e passione dei… “toscanacci” alla guida dei veloci quadrupedi, e la fortuna volle che a Siena fosse giunto anche un “leggendario” del ciclismo italiano: ”l’intramontabile” Gino Bartali, nato il 18 luglio 1914, a Ponte a Ema (Firenze) da famiglia povera. Dopo ripetuti scontri col padre, Bartali iniziò a frequentare le gare ciclistiche e a vincere tutti i premi più importanti.
Religioso genuino spinto da un forte amore per la famiglia e per il fratello Giulio, divenne anche lo sportivo favorito dal Vaticano.
Intanto fu Adriana, una giovane commessa di un negozio di stoffe, della quale Bartali si innamorò e lo convinse di continuare con le due ruote. E Bartali accettò e fece un voto segreto: ”Non rivedrò la mia amata fino a che non avrò vinto, per mio fratello, il Tour de France” che egli considerava la corsa piu’ importante del mondo. Infatti dopo il trionfo francese portò sulla tomba del fratello la maglia rosa e la maglia gialla per poi far ritorno alla sua futura moglie Adriana.
Fu per fortuna che, ripeto, riuscii a conoscere Gino e consumare con lui una colazione in un piccolo ristorante senese, dove raccolsi note preziose di questo ciclopico personaggio sportivo, e potete immaginare la sorpresa di mia zia Bonella che quasi piangeva dalla gioia e soddisfazione. “Intanto - narrava Gino - spuntarono sull’orizzonte ciclistico i fratelli Coppi, ed io ingaggiai nel mio gruppo Fausto Angelo Coppi, come gregario” (al quale trasmise la tempra necessaria per andare avanti. (n.d.r.). Più tardi, e’ noto, sulla piazza sportiva nasceva una rivalità che accompagnò i due campioni per tutta la vita.
Quando il patrio governo chiamò Gino al servizio militare, il toscano rispose di ”No” e venne arrestato, dalla polizia fascista, per diserzione ed attività sovversive, ma l’arrivo degli Alleati a Firenze mise in fuga le Brigate Nere e Bartali venne liberato.
Finita la guerra, la rivalità dei due assi del pedale riprese più accanita che mai. Arriva il tempo del Tour de France e Bartali vi partecipa mentre Coppi, condizionato dalla presenza del suo rivale, decide di restare in Italia.
E Gino compie la grande impresa che aiutò a tenere unito il Paese e superare la crisi politica creata dall’omicidio di Palmiro Togliatti.
A questo punto “l’immortale” con aria rassegnata spiega che “loro due (Coppi e Bartali) si alternarono tra glorie e vittorie”, ma intanto la carriera del toscano volgeva al termine. L’eta’ avanzata ed un brutto incidente d’auto lo compromisero definitivamente, pertanto divenne ospite e rappresentante italiano, ma non partecipò ai Mondiali (vinti da Coppi)
BARTALI E GLI EBREI
Tra un bicchiere di Montepulciano ed una bistecca alla Fiorentina, il Cavaliere di Gran Croce della Repubblica mi descrisse rapidamente la sua intensa attività intesa a proteggere gli ebrei perseguitati dai tedeschi che avevano invaso l’Italia.
“Momenti, giornate intense, da batticuore, che ricorderò sino a quando il Signore mi richiamerà” sentenziò il “personaggio” che in quei giorni tremendi era stato sollecitato dagli amici a dare una mano alle famiglie ebree della zona e per i quali Gino aveva preparato documenti contraffatti che consentirono ai ricercati di evitare i soldati tedeschi scampando in tal modo alla deportazione nei campi di concentramento.
“Io percorsi la Toscana, l’Umbria e le Marche, toccando anche Roma, ripetutamente con la mia fedele bici, che mi consentiva di asserire: ”Mi alleno giornalmente per quando riapriranno il Tour de France”. Intanto acquistai un appartamento dove rifugiai una intera famiglia ebrea,usando i soldi rimasti dalle mie vincite sportive”
Dopo la guerra Bartali tornato al “Tour de France” constatò che la sua “endurance” fisica era ridotta di molto ed il successo rimaneva lontano di fronte alle nuove leve, dieci anni più giovani.
Spesso soleva dire al giovane figlio Andrea: ”Se sei buono nello sport, ti attaccheranno la medaglia sulla tua maglia che finirà per luccicare in qualche museo, ma se fai qualcosa di buono, di umano, la medaglia brillerà nella tua anima e luccicherà anche nell’altro mondo”.
Come noto, dopo il suo ritiro dalle piste, Gino divenne direttore di una squadra il cui capitano fu proprio il giovane Fausto Coppi ( che ebbe un oscuro affare amoroso con la celebre “Dama Bianca” da cui ebbe anche un figlio)
Un giorno Coppi invitò Bartali ad una battuta di caccia in Africa che lui rifiutò. Laggiù il grande asso di Castellana (Alessandria) contrasse la malaria a causa di puntura d’insetti che fu letale. Bartali, invece, si spense, dodici anni fa, 1l 18 luglio 1998, chiudendo un capitolo sensazionale ed indimenticabile dello sport e della vita della nazione italiana. Questo, in sintesi, un quadro dell’intramontabile magnifico istrione Gino Bartali.
Lino Manocchia
New
York, 15.7.2012 – Era il mese di luglio, Siena era gonfia di turisti,
le bandiere delle Contrade infervoravano l’agonismo del famoso “Palio di
Siena”, la corsa dei cavalli di ciascuna contrada che, due volte
l’anno, difendevano, appunto, l’onore del loro centro.
Lo scrivente, ospite della zia - Bonella Spadacci, maritata con Aldo Tanganelli, ricco commerciante di stoffe in tutta la Toscana -, francamente era alquanto confuso di fronte alla decisione, coraggio e passione dei… “toscanacci” alla guida dei veloci quadrupedi, e la fortuna volle che a Siena fosse giunto anche un “leggendario” del ciclismo italiano: ”l’intramontabile” Gino Bartali, nato il 18 luglio 1914, a Ponte a Ema (Firenze) da famiglia povera. Dopo ripetuti scontri col padre, Bartali iniziò a frequentare le gare ciclistiche e a vincere tutti i premi più importanti.
Religioso genuino spinto da un forte amore per la famiglia e per il fratello Giulio, divenne anche lo sportivo favorito dal Vaticano.
Intanto fu Adriana, una giovane commessa di un negozio di stoffe, della quale Bartali si innamorò e lo convinse di continuare con le due ruote. E Bartali accettò e fece un voto segreto: ”Non rivedrò la mia amata fino a che non avrò vinto, per mio fratello, il Tour de France” che egli considerava la corsa piu’ importante del mondo. Infatti dopo il trionfo francese portò sulla tomba del fratello la maglia rosa e la maglia gialla per poi far ritorno alla sua futura moglie Adriana.
Fu per fortuna che, ripeto, riuscii a conoscere Gino e consumare con lui una colazione in un piccolo ristorante senese, dove raccolsi note preziose di questo ciclopico personaggio sportivo, e potete immaginare la sorpresa di mia zia Bonella che quasi piangeva dalla gioia e soddisfazione. “Intanto - narrava Gino - spuntarono sull’orizzonte ciclistico i fratelli Coppi, ed io ingaggiai nel mio gruppo Fausto Angelo Coppi, come gregario” (al quale trasmise la tempra necessaria per andare avanti. (n.d.r.). Più tardi, e’ noto, sulla piazza sportiva nasceva una rivalità che accompagnò i due campioni per tutta la vita.
Quando il patrio governo chiamò Gino al servizio militare, il toscano rispose di ”No” e venne arrestato, dalla polizia fascista, per diserzione ed attività sovversive, ma l’arrivo degli Alleati a Firenze mise in fuga le Brigate Nere e Bartali venne liberato.
Finita la guerra, la rivalità dei due assi del pedale riprese più accanita che mai. Arriva il tempo del Tour de France e Bartali vi partecipa mentre Coppi, condizionato dalla presenza del suo rivale, decide di restare in Italia.
E Gino compie la grande impresa che aiutò a tenere unito il Paese e superare la crisi politica creata dall’omicidio di Palmiro Togliatti.
A questo punto “l’immortale” con aria rassegnata spiega che “loro due (Coppi e Bartali) si alternarono tra glorie e vittorie”, ma intanto la carriera del toscano volgeva al termine. L’eta’ avanzata ed un brutto incidente d’auto lo compromisero definitivamente, pertanto divenne ospite e rappresentante italiano, ma non partecipò ai Mondiali (vinti da Coppi)
BARTALI E GLI EBREI
Tra un bicchiere di Montepulciano ed una bistecca alla Fiorentina, il Cavaliere di Gran Croce della Repubblica mi descrisse rapidamente la sua intensa attività intesa a proteggere gli ebrei perseguitati dai tedeschi che avevano invaso l’Italia.
“Momenti, giornate intense, da batticuore, che ricorderò sino a quando il Signore mi richiamerà” sentenziò il “personaggio” che in quei giorni tremendi era stato sollecitato dagli amici a dare una mano alle famiglie ebree della zona e per i quali Gino aveva preparato documenti contraffatti che consentirono ai ricercati di evitare i soldati tedeschi scampando in tal modo alla deportazione nei campi di concentramento.
“Io percorsi la Toscana, l’Umbria e le Marche, toccando anche Roma, ripetutamente con la mia fedele bici, che mi consentiva di asserire: ”Mi alleno giornalmente per quando riapriranno il Tour de France”. Intanto acquistai un appartamento dove rifugiai una intera famiglia ebrea,usando i soldi rimasti dalle mie vincite sportive”
Dopo la guerra Bartali tornato al “Tour de France” constatò che la sua “endurance” fisica era ridotta di molto ed il successo rimaneva lontano di fronte alle nuove leve, dieci anni più giovani.
Spesso soleva dire al giovane figlio Andrea: ”Se sei buono nello sport, ti attaccheranno la medaglia sulla tua maglia che finirà per luccicare in qualche museo, ma se fai qualcosa di buono, di umano, la medaglia brillerà nella tua anima e luccicherà anche nell’altro mondo”.
Come noto, dopo il suo ritiro dalle piste, Gino divenne direttore di una squadra il cui capitano fu proprio il giovane Fausto Coppi ( che ebbe un oscuro affare amoroso con la celebre “Dama Bianca” da cui ebbe anche un figlio)
Un giorno Coppi invitò Bartali ad una battuta di caccia in Africa che lui rifiutò. Laggiù il grande asso di Castellana (Alessandria) contrasse la malaria a causa di puntura d’insetti che fu letale. Bartali, invece, si spense, dodici anni fa, 1l 18 luglio 1998, chiudendo un capitolo sensazionale ed indimenticabile dello sport e della vita della nazione italiana. Questo, in sintesi, un quadro dell’intramontabile magnifico istrione Gino Bartali.
Lino Manocchia
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