New
York, 2 Marzo 2012 - Vittorio Gassman e’ stato un grande attore,
regista, sceneggiatore e scrittore, attivo in campo teatrale,
cinematografico e televisivo, e non a caso è soprattutto ”Il
Mattatore” per l’assoluta professionalita’, per la versatilita’ e per
il magnetismo. Era considerato uno dei migliori attori italiani, con
Nino Manfredi, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Monica Vitti uno dei
“mostri sacri” della commedia all’italiana.
Vittorio nacque nel 1922 a Genova da Heinrich Gassmann e da madre ebrea italiana, Luisa Ambron, originaria di Pisa.
Ancora
giovane si trasferi’ a Roma dove ottenne la maturità classica al liceo
Tasso, quindi frequento’ l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica con
Paolo Stoppa, Rina Morelli, Lea Padovani, Monica Vitti e molti altri.
Ventitreene,
debutto’ a Milano con Alda Borelli, quindi con la compagnia di
Luchino Visconti ottenne i successi della maturita’.
Interpretò ”Un Treno che si chiama desiderio” di Tennessee Williams e quindi prese parte nell’ “Oreste” di Vittorio Alfieri.
Sempre attivo ,
Gassman nel 1952 fondo’ e diresse il Teatro d’Arte Italiano,
producendo la prima versione completa dell’Amleto in Italia. Poco dopo,
in un programma televisivo intitolato “Il Mattatore”, ottenne un
inaspettato successo.
Ma
come fa, Vittorio, a ricordare date, numeri e avvenimenti che si
susseguono a ritmo veloce nella sua carriera?, gli chiesi una volta,
durante alcune delle sue soste a New York.
«Per
fortuna posseggo il “libro della memoria” composto a caratteri
indelebili; spesso pero’ qualche nome o data mi sfugge, ma e’ umano,
vero?»
Gli
anni settanta si rivelarono molto gratificanti per la carriera
cinematografica del “genovese-romano”, con i “Soliti ignoti” di Mario
Monicelli.
L’Italia
e Hollywooid se lo contendevano specie per ruoli cinematografici
atletici e seducenti, come in “Riso Amaro” con Silvana Mangano.
Per
nove anni si trasferi’ da un set cinematografico all’altro “macinando”
ben 12 film - di cui quattro hollywoodiani- ma agli inizi degli anni
‘90 Gassman decise di tagliare di netto gli impegni con le macchine
da presa.
«Che
vuole - disse - in quel periodo ho continuato a lavorare soltanto per
il cinema, 2 americani e 2 italiani. Fisicamente ero stanco»
E’
vero che negli intervalli di riposo passava il tempo a contare i
trofei, le medaglie, i Cavalierati, i “ Donatelli” nonche’ i nastri
d’argento? Ma quanti ne ha ottenuti?
«Ricordo con soddisfazione che
dal 1960 al 1996 ho ricevuto anche una medaglia d’oro del Ministro
per il Turismo e Spettacolo, otto Donatelli, e nastri d’argento per il
miglior attore protagonista. Ma non sarebbe meglio parlare d’altro?”,
svicolò tra il serio e il faceto.
II discorso si soffermo’ sui doppiaggi dei film italiani e stranieri.
«I
doppiaggi sono la rovina della cinematografia - disse -. Un idioma
come il nostro, convertito in quello straniero, perde di significato,
di interesse, di finanza e scontenta il pubblico. Un esempio lampante
e’ Riso Amaro che, doppiato, perde tutta la forza del significato. Ma
purtroppo questa e’ una condanna che colpisce il cinematografo. Forse
non si credera’ che spesso quando riascolto la mia voce “straniera” mi
vien da ridere a crepapelle!»
Vittorio
Gassman sposo’ soltanto attrici: Nora Ricci, dalla quale ebbe la prima
figlia Paola, Juliette Mayniel dalla quale ebbe il figlio Alessandro
(anche egli attore), Diletta D’Andrea, il cui figlio Jacopo e’
regista, e Sherly Winters (con lui nella foto) dalla quale ebbe la
seconda figlia Vittoria-Gina, attualmente dottoressa in un noto Centro Medico del Connecticut.
A proposito, la Winters nello stesso anno fu premiata al “Third Annual Hollywood film Festival”.
Tra
le numerose interpretazioni di Sherley, nata in St Louis nel 1920,
emergono “L’Inquilino del terzo piano”, “Lolita”,ed un “Borghese
piccolo piccolo”, quest’ultimo di Mario Monicelli. L’ultimo lavoro
della dinamica star porta il titolo: “La Bomba” di Giulio Base, al
fianco di Vittorio Gassman.
Attrice
irrequieta, frettolosa, dalla carriera lunghissima sviluppata
nell’arco di cinque decenni, irruppe sulla scena hollywoodiana come
“vamp” dalle chiome bionde, ma ben presto sentendosi limitata da questo
“cliché”,’ preferi’ ampliare la recitazione per orientarsi verso ruoli
di maggiore impegno, come, ad esempio, nel 1951 a fianco di
Montgomery Cliff ed Elizabeth Taylor in “Un posto al sole.” Nel 1959,
Sherley vinse un altro Oscar per il film “Anne Frank,” che l’attrice
dono’ al Museo omonimo.
Un giorno chiesi a Vittorio: Come ama essere ricordato?
«Come
un buon artista, senza peli sulla lingua, che sognava di poter
diventare un secondo Juan Manuel Fangio o Tazio Nuvolari. Le macchine e
la velocita’ erano mie alleate»
A
lungo andare fu vittima della sindrome bipolare della quale hanno
patito anche altri grandi artisti quali Ernest Hemingway, Francis Scott
Fitzgerald, Virginia Wolf e Vincent Van Gogh. Mori’ a Roma per un
improvviso attacco cardiaco mentre Sherley Winters e’ deceduta nei
primi giorni del 2006 in seguito ad un infarto.
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