I puri di Albi, i Catari

I cattolici solevano indicarli con il nome “Catari” (dal greco Katharoi) puri.
La loro dottrina è nata tra il XII e il XIV sec. in Occitania, regione francese alle falde dei Pirenei, in particolare nella città di Albi.
Il credo spirituale degli albigesi si basava su un dualismo tra il bene e il male, in cui la materia era prigione dell'anima. Il loro cammino spirituale invitava a rifiutare la materia, sino ad arrivare a limitare il cibo. La loro dieta vietava l'assimilazione di carne, i suoi derivati, alcuni legumi come i fagioli che contenevano globulina.
La loro dottrina fu paragonata al Manicheismo e al credo dei Bogomili, perchè queste religioni in sostanza individuano nella materia l'ambito di azione del male. Non permettendo alla materia di dominare la loro vita la loro spiritualità non sarebbe stata contaminata dal Rex mundi, il male.
La materia non doveva espandersi e la soluzione era individuata nell'ostacolare la riproduzione. Erano contrari al battesimo dell'acqua, al matrimonio, all'Eucarestia, e al congiungimento carnale. Credevano, nella gnosi (conoscenza) diretta del divino, senza la mediazione di prelati, nella reincarnazione dell'anima, secondo la loro visione il re d'amore (Dio) ed il re del male (REX mundi) rivaleggiavano a pari dignità per il dominio delle anime umane.

I Catari si spogliavano dei beni materiali e vivevano di elemosina, questo era il loro cammino spirituale ma all'interno di questo movimento c'era una struttura ben precisa. I semplici credenti, chiamati anche Buoni uomini, Buone donne, Buoni cristiani, erano distinti da coloro che avevano fatto un cammino di fede in seguito al quale avevano ricevuto il Consolamentum, una iniziazione, che permetteva di conferire direttamente con lo Spirito Santo e attraverso l'imposizione delle mani farlo sentire agli altri. I semplici credenti, simpatizzanti del movimento, dopo un cammino di pulizia interiore avrebbero sentito Dio direttamente.
L'inquisizione chiamava coloro che avevano ricevuto il Consolamentum “perfetti”. Tra i perfetti c'era una gerarchia, per ogni provincia un vescovo, per ogni comunità un diacono che faceva capo al vescovo.
I luoghi in cui si svolsero le tormentate vicende dei Catari sono nella Linguadoca-Rossiglione principalmente Albi, Carcassone, Tolosa. I castelli entro i quali si discuteva della loro dottrina erano abbarbicati su delle alte montagne rocciose. Montsegur, Puivert, Queribus, Peyrepertuse luoghi ancora oggi da visitare per ripercorrere la via dei Catari e le loro vicende ancora oggi per molti versi misteriose.
Il loro movimento ebbe una grande espansione, sempre più persone, anche nobili facoltosi, seguirono con grande entusiasmo questo credo spirituale.
Il Concilio Cataro di Saint Felix de Caravan del 1167 mise in allerta la Chiesa cattolica, che vide il movimento albigese come un potenziale pericolo per il suo potere politico.
La Chiesa muoveva accuse ben precise: adorare Satana, controllo delle nascite mediante aborto e l'avere donne in comune (i Catari condannavano i rapporti sessuali). Il problema per la Chiesa in realtà era che gli albigesi rifiutavano la croce cattolica, perché vedevano in essa il simbolo del male. Infatti una delle pene lievi che venivano applicate all'inizio dagli esponenti cattolici era quella di far indossare al cataro una veste con una grossa croce gialla davanti. Gli albigesi vedevano la massima espressione del male nella Chiesa cattolica, perchè completamente dipendente dalla materia.
Papa Alessandro III si limitò a dichiarare la loro eresia. Nel 1206 Domenico da Guzman cercò bonariamente di convertire gli eretici, non mancarono i successi. Infatti fondò un istituto per le donne catare riconvertite al cattolicesimo. Ma solo successivamente fondò l'ordine dei domenicani, amministratori e responsabili del potere della Sacra Inquisizione che si occupò del problema dell'eresia catara attraverso persecuzione e torture.
Clemente III nel 1209 condusse una vera e propria crociata verso i Catari in quanto li vedeva come un grosso ostacolo per la sua politica accentratrice. Arnaud Amaury, abate di Citeaux, che guidava i nobili della Francia Settentrionale, nella crociata contro i Catari, cominciò una violenta repressione e famose le sue fredde parole in risposta a come avrebbe riconosciuto i catari dai cattolici: "Uccideteli tutti, Dio li riconoscerà".
Nel quarto Concilio Lateranense del 1215, Innocenzo III confermò l'eresia dei Catari, condannandoli insieme ai Valdesi e la dottrina di Gioacchino da Fiore. L'uccisione di un legato pontificio sollevò il preteso per invocare una seconda crociata contro gli albigesi, che si ostinavano a non convertirsi. Simon de Montfort fu il capo di questa crociata. Ancora oggi in Francia il suo ricordo storico è raccapricciante. L'accordo che la Chiesa stipulò con questo personaggio concedeva il permesso di appropriarsi di ogni castello espugnato (la guerra dei castelli). Il piatto era ricco e spinse De Monfort alla più inaudita violenza. Fortunatamente fu ucciso da una grossa pietra gettata dalle donne di Tolosa. La sua morte concluse la seconda crociata.
All'interno della Chiesa si ammetteva la povertà evangelica e la predicazione itinerante ma solo da chi perorava le cause della Chiesa, tutto il resto veniva considerato eretico.
Nel 1223 papa Gregorio IX ritenne più appropriato fondare l'Inquisizione la cui missione era cacciare e giudicare gli eretici. Il 16 Marzo 1244 più di 200 eretici furono bruciati in un rogo di massa legati al palo di fronte al castello di Montsègur. Il luogo è ancor oggi chiamato Camp dels Cremats (campo dei cremati) in lingua occitana. Quei pali divennero il simbolo del loro martirio.
Quattro catari durante la notte tra il 15 e il 16 marzo, fuggirono da Montsègur portando via qualcosa di molto prezioso. Alcuni sostengono il Santo Graal.
L'ultimo Cataro, Guilhèm Belibaste, fu bruciato al palo nel 1321 a Villerouge Termenès nel Corbières. Ebbe così fine l’eresia dei Catari.A i giorni nostri esistono dei gruppi che studiano e simpatizzano molto per i Catari. Ad esempio Spiritualitè Chatare e il Centre d’Etudes Chatare di Carcassonne.
In ricordo del massacro ai piedi del castello di Monsegur c'è una stele

Commenti

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