Il fiume racconta leggende - scritto da Giusy Di Luzio - premiato con "Il guerriero di Capestrano"

A Collecorvino nella piccola frazione di Congiunti si esprime in modo sublime la magia di un incontro: quello di due fiumi il Tavo ed il Fino che, nascono entrambi dalle pendici del Gran Sasso che fu molto caro a D’Annunzio tanto da definire questa montagna aspra e scintillante ma soprattutto sacra.

I due fiumi dopo essersi incanalati per pareti scoscese, forti pendenze e valli rigogliose ed a tratti selvagge si uniscono all’unisono nel territorio di Congiunti, formando un altro torrente che si dirige verso il mare Adriatico. Il più importante è il fiume Tavo, nasce a circa 1000 metri di quota a sud del monte Corno all’interno del caratteristico canyon del Vallone d’Angora e con costante velocità attraversa il territorio del parco Nazionale percorrendo 61 km. prima di confluire con il fiume Fino.

Nel suo corso risalendo l’ampia vallata del Pescara si collega alla piana di Campo Imperatore e a sud ovest raggiunge la piana del Voltigno, per poi incanalarsi e penetrare turbinosamente in una enorme grotta chiamata "Bocca dell’Inferno", da lì sfocia in una valle ove forma una spettacolare cascata alta 28 metri chiamata cascata del Vitello d’Oro in località Farindola.
Il fiume Fino invece sorge dal Gran Sasso sul versante orientale del monte Camicia e dopo un percorso di 48 km. si unisce con il fiume Tavo formando il Saline che, sfocia dopo 7 km. nel mare Adriatico tra i centri abitati di Montesilvano e di marina di Città S.Angelo, dove in prossimità del fiume è stata istituita nel 1990 un’area protetta con una foresta di fondovalle dove sono state rinvenute oltre 200 specie di vegetali. Entrambi i fiumi attraversano un territorio molto vasto, l’uno scorre nel versante orientale tra alcuni paesi come Villa Celiera, Farindola, Montebello, Penne e l’altro attraversa il versante Teramano, tra valichi di montagna, piccoli laghi, torrenti impetuosi e foreste secolari con una vegetazione rigogliosa che ben offre riparo a una vasta specie di animali. Tra questi riappare il camoscio (in un primo tempo estinto) che vive sotto la protezione del parco che nel 1992 ha istituito un’area faunistica per la riproduzione e lo studio del comportamento del camoscio d’Abruzzo, realizzando un oasi naturale a lui dedicata.

Scendendo a valle i due fiumi fanno da specchio ai resti di antichi castelli e monasteri, dove inerpicandosi si possono osservare le vestigia di antiche chiese e godere di una vista mozzafiato respirando un’aria salubre, pensando forse ai tanti viandanti che in epoche passate sono passati da queste parti, ritemprandosi nelle acque fresche di questi due rigogliosi torrenti.

Al termine del lungo tragitto i due fiumi si uniscono nella piccola frazione di Congiunti, creando un connubio quasi ancestrale tra gli abitanti e l’acqua del fiume, poiché gli stessi loro antenati provenivano dai paesi che i due fiumi attraversano portando a valle le caratteristiche più ricche e profonde di quei luoghi cari alla memoria della gente del posto.

Il carattere introverso e sospettoso della popolazione locale col tempo si è poi ammorbidito, quasi percependo gli influssi benefici del fiume, che li ha resi cordiali e socievoli. Forse perché tra la popolazione e il fiume stesso si sia instaurato una sorta di legame spirituale, ma questo chi può dirlo?

E’ chiaro che in questo territorio il fiume si rafforza ed acquista una nuova benefica linfa, anche il dialetto si discosta da quello dei paesi dell’area vestina, sembra infatti diverso, quasi un idioma che scaturisce dall’ insieme dei vari popoli che nel lontano passato vennero ad insediarsi in questo piccolo luogo, all’epoca paludoso ma poi una volta bonificato divenne una terra ricca, con un clima favorevole per diversi tipi di coltivazione. Il fiume è stato un valido aiuto, quando la siccità della stagione calda inaridiva il terreno ha permesso di irrigare questo lembo di terra che i loro abitanti hanno chiamato Congiunti forse non solo ad indicare l’unione delle acque ma quasi una parentela stretta con lo stesso.

Per tutti i congiuntesi il fiume rappresenta quasi un padre che racconta leggende, dove da piccoli andavamo, raccogliendo le pietre per gettarle poi nel fiume facendo a gara per farle rimbalzare sull’acqua, ascoltando il soave suono che produceva. Così come nel periodo freddo dell’inverno, non avevamo paura nell’accostarci vicino alla sua sponda per raccogliere il muschio che utilizzavamo per il presepe.
Quante corse lungo questo fiume che oggi forse è un po’ più triste del passato, poiché vede la sua sponda a tratti ricettacolo di ogni sorta di immondizia ed il suo letto composto da un dirupo causato in parte dalla deviazione dello stesso e in parte dall’asportazione della breccia.

Lui però non si lamenta, scorre placidamente e ci riporta l’eco delle nostre grida, quando andavamo a raccogliere liquirizia oppure nel periodo primaverile gli asparagi, ogni stagione ci offriva i suoi colori e sapori, ci sorprendeva con il suo mutare inebriandoci con molti profumi anche se oggi forse avrebbe bisogno di maggiore attenzione.Il rimembrare di noi che fummo già bambini e il ricordo della nostra allegria, della nostra ingenuità, oggi che siamo diventati grandi, ci emoziona.

Lo scorrere delle dolci acque del fiume, dove un tempo ci rinfrescavamo, oggi riecheggia al calar del sole nella certezza che ancora a noi racconta Leggende.

Commenti

Anonimo ha detto…
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